Il Fatto 16.10.17
Austria al trentenne centrista. Testa a testa socialisti e destra
Il giovane popolare Kurz vince ma non troppo, potrebbe allearsi con gli xenofobi in crescita
Austria al trentenne centrista. Testa a testa socialisti e destra
di Leonardo Coen
Ha
vinto la Kurzmania, ma non troppo: il 31enne scalpitante Sebastian
Kurz, capo della diplomazia austriaca e leader dell’OeVP, il partito
popolare, ha ottenuto nelle Legislative di ieri, secondo le proiezioni
finali, il 31,6 per cento dei voti, meno tuttavia del 33 previsto dai
sondaggi. “Una vittoria storica, il popolo vuole cambiare il Paese”, ha
dichiarato euforico Kurz. Sarà il prossimo cancelliere, il più giovane
capo di governo dell’Occidente? Dovrebbe, potrebbe. Ma con chi
governerà? Avendo annunciato il “Vero Cambiamento” – la fine della
Proporzystem, il sistema di spartizione tra i socialdemocratici e i
popolari – non gli resta che il patto con l’ultradestra dell’Fpö del
fumantino Heinz-Christian Strache, il liberal-nazionalista considerato
l’erede di Haider. C’è però un dettaglio: l’ex-odontotecnico di 48 anni
con militanza giovanile neonazista ha preso il 26 per cento, ma non ha
superato i socialdemocratici (26,9%) del cancelliere uscente Christian
Kern, sempre che il conteggio dei voti dall’estero non ribalti la
classifica. L’estrema destra populista, al grido di “Austria sempre”, si
è già candidata a governare coi popolari, e Kurz avrebbe offerto a
Norbert Hofer la presidenza del Parlamento (quasi un risarcimento dopo
la sconfitta per la presidenza della Repubblica…). Però, c’è anche
un’opzione B: i populisti di Strache potrebbero allearsi addirittura con
la sinistra del cancelliere Kern, del resto sono due anni che tale
eresia politica funziona nel Burgerland. Insomma, i valzer per le
alchimie di governo soltanto all’inizio. Determinanti i conteggi
definitivi e i patti sottobanco.
Rimane il fatto che queste
elezioni annunciate come “cruciali” e seguite con apprensione da tutta
Europa, hanno confermato la svolta a destra (con forte olezzo di
populismo ed euroscetticismo) e il ridimensionamento del centrosinistra
(con un crollo dei Verdi che rischiano di non entrare in Parlamento).
Resteranno tracce purtroppo socialmente indelebili. Le urne del bel
Danubio blu hanno decretato il trasversale no “all’invasione” dei
profughi (quasi due terzi degli elettori vuole le frontiere controllate)
e la conferma di una forte islamofobia. Ha vinto cioè l’egoismo di un
popolo ricco (il reddito pro capite degli 8,7 milioni di austriaci è
40.420 euro) e prossimo al pieno impiego (la disoccupazione è appena il
5,4 per cento) ma che non vuole le quote di migranti stabilite
dall’Unione Europea.
Ha speranza Strache di diventare
vicecancelliere e di dare una forte sterzata a destra? Dipende da Kurz
che è molto sensibile agli umori della gente. A Vienna lo considerano un
Wunderwuzzi, un “enfant prodige”: sottosegretario a 24 anni, a 26
deputato, a 27 ministro degli Esteri. Si è impadronito del vecchio
partito conservatore-cristiano e lo ha trasformato in una sorta di La
République EnMarche!, il movimento macroniano che ha sbaragliato in
Francia i partiti tradizionali. Intendiamoci, ne ha imitato il modello,
non i contenuti: Kurz, infatti, si oppone all’allargamento automatica
della zona Euro, alla creazione di un ministro europeo delle Finanze e,
soprattutto, al progetto di una ridistribuzione equa delle quote gestite
da Bruxelles. Anzi Kurz, in campagna elettorale, ha evitato la
questione dell’Ue. Quanto a Stracher, il rischio è che con lui Vienna
aderisca al gruppo dei Quattro di Visegrad (Ungheria, Polonia,
Slovacchia, Repubblica Ceca).