martedì 3 ottobre 2017

Corriere 3.10.17
«Dal presidente un discorso vuoto sulle Scritture per nascondere l’omertà sulle armi»
di Viviana Mazza

Luce: nella strage niente che tocchi il suo ego
« Un cecchino solitario non musulmano non corrisponde a nessuna delle narrazioni di Trump. Se si fosse trattato di un attentato islamico o di un uragano che colpisce la popolazione ispanica, avrebbe avuto una linea, ma in questo caso non c’è nulla che possa nutrire il suo ego politico. Questo discorso vuoto sulle Scritture è la misura del fatto che Trump non ha nient’altro da dire».
Edward Luce spiegava una settimana fa sul Financial Times che la tendenza del presidente degli Stati Uniti ad alimentare le divisioni (razziali) è una vera e propria strategia da lui spesso usata per attirarsi simpatie conservatrici e per distrarre l’opinione pubblica dai suoi fallimenti. E ora l’editorialista del Financial Times e autore del libro «The Retreat of Western Liberalism» ( La ritirata del liberalismo occidentale ) ci dice al telefono da Washington D.C. di non credere minimamente che l’appello di Trump all’unità del Paese, dopo la strage di Las Vegas, possa essere efficace.
Non è un discorso da leader?
«Trump aveva l’opportunità di affrontare il problema delle armi. Il fatto che abbia dimenticato di parlarne — o scelto di non dire una parola — non unisce le persone: è una grave omissione. Quella di Las Vegas è la sparatoria peggiore della storia moderna: la maggior parte sono avvenute negli ultimi vent’anni dopo Columbine, accompagnate da appelli della polizia a limitare l’accesso delle persone mentalmente instabili ai fucili d’assalto e ad aumentare i controlli di background. Oggi la stragrande maggioranza degli americani, l’85%, è favorevole a controlli minimi su chi acquista armi».
Il discorso di Las Vegas piacerà alla base di Trump, ai suoi sostenitori duri e puri (e quanti sono oggi)?
«Non penso che questa strage avrà un impatto politico. Infiammerà comprensibilmente la sinistra perché non c’è controllo sulle armi. Ma non credo che la sua base sarà influenzata in alcun senso. Lo abbiamo visto in tutti i casi precedenti di sparatorie di massa: vengono registrati per un giorno o due, e poi non succede niente, sono trattati come disastri naturali. Sulle dimensioni della base di Trump ci sono stime diverse, dal 15% al 35% del Paese, e dipende anche da cosa intendiamo per “base”. Martedì scorso in Alabama (alle primarie repubblicane ndr ) la base ha votato per il candidato che correva contro l’uomo del presidente. Ora non è più la base a seguire Trump ma Trump che segue la base, e colui che detta le decisioni, il nuovo stratega capo, è il vecchio Steve Bannon, più influente fuori di quanto non lo fosse dentro la Casa Bianca».
Trump è sempre rapido nel definire «terrorismo» le stragi commesse da musulmani. Potrebbe mai farlo in un caso come Las Vegas?
«Il problema è che se definisse terrorismo la sparatoria di Las Vegas, il suo intero programma politico dovrebbe cambiare, e la sua base lo rifiuterebbe. Ci saranno sempre dibattiti su cosa sia il terrorismo, la definizione standard dice: “l’uso della violenza per scopi politici”. Nel caso di Dylan Roof che ammazzò degli afroamericani in South Carolina, quello è chiaramente terrorismo, e ci sono molti casi che avrebbero dovuto essere definiti tali e non lo sono stati, inclusa l’uccisione di un poliziotto l’anno scorso a Dallas per mano di un attivista di Black Lives Matter. Non sappiamo ancora se il killer di Las Vegas avesse motivazioni politiche; ma se è un pazzo isolato chiamarlo terrorista è una semplificazione ».