martedì 3 ottobre 2017

American gun: il “dio” proiettile tra Jfk e Las Vegas
Nel Paese in cui avere un’arma in casa è un diritto più forte del sangue: l’altra storia del sogno stelle e strisce
di Stefano Pistolini

Oltreoceano i media distinguono: ci sono stragi di serie A e di serie B. Nel primo caso – che include gli eventi classificati “terroristici” – si mobilitano massicciamente, fermano palinsesti e rotative e danno fondo al resoconto spossante dell’accaduto finché, quando le acque si sono quietate, sbaraccano e archiviano la vicenda. Nei casi “minori” – allorché un uomo-qualsiasi s’improvvisa killer e uccide per sedare i propri demoni – la storia viene tenuta in profilo basso, quello riservato agli accadimenti che rasentano la fatalità, effetto d’una causa con cui gli americani hanno familiarità: le cose non sono andate all’inferno. L’odio o la frustrazione hanno preso il sopravvento. Invece, ciò che è successo a Vegas nella notte di domenica, rientra trionfalmente nel primo elenco: la più sanguinosa strage della storia nazionale, provocata peraltro da un solo killer.
Il delirio da prima pagina
A prima vista niente terrorismo, niente Allah è grande, anche se dall’Isis arriva una rivendicazione che parla del responsabile come di un nuovo adepto. Ma i primi lineamenti della storia non collimano con quel quadro: il 64enne Stephen Paddock (“Dev’essere successo qualcosa: era un tipo normale” garantisce il fratello), residente a Mesquite, tranquilla cittadina per pensionati a 130 chilometri da Vegas con slot machine e campi di golf, ha fatto poca strada per eseguire il suo disegno: ha preso una stanza al Mandalay Bay Resort, uno degli alberghi grandi come portaerei che nella città del divertimento forzato s’affacciano sullo Strip, si è portato un arsenale di armi automatiche (Una decina: collezione che avrà accumulato in anni di gun show), ha atteso che i 40 mila spettatori si assiepassero 300 metri più in là, nella radura confinante con l’MGM Hotel, per l’ultima serata del “Route 91 Harvest Festival” (slogan: “Il Pigiama Party al Neon”) e, durante il concerto di Jason Aldean, ha preso a sparare. Ha usato mitra e molti caricatori e ha esploso centinaia di proiettili per diversi minuti, producendo una carneficina di oltre 50 morti e 400 feriti. Quando una squadra speciale ha fatto irruzione nella sua stanza, l’ha trovato già morto. Secondo copione, aveva provveduto da solo, con le sue armi. Comunque le indagini riveleranno cosa ci sia all’origine di quest’altro maledetto delirio da prima pagina, come nel giugno 2016 quando il vigilante Omar Mateen uccise 49 persone al Pulse, discoteca gay di Orlando, o come il 17 giugno 2015 quando il 21enne Dylan Roof massacrò nove membri della chiesa afroamericana di Charleston, o come, nel 2012, quando il 20enne Adam Lanza sterminò 20 bambini e 6 adulti in una scuola di a Newton, Connecticut. In ogni caso, queste carneficine sono il rintocco a morto che oggi risuona nella società americana. Ricordano a tutti, a chi vuole sentire e a chi si rifiuta, che questo è un paese fatto di armi, disseminate in ogni casa perché è considerato inalienabile il diritto all’autodifesa, lo stesso che in una mente malata equivale al lasciapassare per raddrizzare – sparando – qualsiasi ingiustizia o intolleranza. Il proprio “No” inciso su un proiettile.
Le finestre degli States e la canna di fucile
In America, la maggioranza, incluso l’attuale presidente, (che ha espresso sobrio cordoglio per i fatti di Vegas) considerano “sparare” un gesto espressivo della volontà individuale, celebrato non solo dal cinema, ma da un intero universo rappresentativo. C’era un cecchino dietro la finestra, quella mattina a Dallas, quando, si disse, la nazione perse la propria innocenza, insieme a Jfk, il presidente innovativo. E 55 anni più tardi, le finestre d’America sono ancora fessure in cui infilare la canna del fucile. L’elaborazione del lutto transiterà poi attraverso la ricostruzione di una qualche biografia devastata. Ma mai e poi mai, si metterà fine al principio che preserva i diritti dell’individualità fino a questo assurdo grado. Se sei americano, puoi sparare. I Padri fondatori vollero una nuova civiltà, per garantire delle opportunità del genere. Dunque, se davvero hai il sangue agli occhi e l’apocalisse nel cervello, può succedere che spari. Non sei il primo, e non sarai l’ultimo. Fino a qui, te lo garantisce la Costituzione.