American gun: il “dio” proiettile tra Jfk e Las Vegas
Nel Paese in cui avere un’arma in casa è un diritto più forte del sangue: l’altra storia del sogno stelle e strisce
di Stefano Pistolini
Oltreoceano
i media distinguono: ci sono stragi di serie A e di serie B. Nel primo
caso – che include gli eventi classificati “terroristici” – si
mobilitano massicciamente, fermano palinsesti e rotative e danno fondo
al resoconto spossante dell’accaduto finché, quando le acque si sono
quietate, sbaraccano e archiviano la vicenda. Nei casi “minori” –
allorché un uomo-qualsiasi s’improvvisa killer e uccide per sedare i
propri demoni – la storia viene tenuta in profilo basso, quello
riservato agli accadimenti che rasentano la fatalità, effetto d’una
causa con cui gli americani hanno familiarità: le cose non sono andate
all’inferno. L’odio o la frustrazione hanno preso il sopravvento.
Invece, ciò che è successo a Vegas nella notte di domenica, rientra
trionfalmente nel primo elenco: la più sanguinosa strage della storia
nazionale, provocata peraltro da un solo killer.
Il delirio da prima pagina
A
prima vista niente terrorismo, niente Allah è grande, anche se
dall’Isis arriva una rivendicazione che parla del responsabile come di
un nuovo adepto. Ma i primi lineamenti della storia non collimano con
quel quadro: il 64enne Stephen Paddock (“Dev’essere successo qualcosa:
era un tipo normale” garantisce il fratello), residente a Mesquite,
tranquilla cittadina per pensionati a 130 chilometri da Vegas con slot
machine e campi di golf, ha fatto poca strada per eseguire il suo
disegno: ha preso una stanza al Mandalay Bay Resort, uno degli alberghi
grandi come portaerei che nella città del divertimento forzato
s’affacciano sullo Strip, si è portato un arsenale di armi automatiche
(Una decina: collezione che avrà accumulato in anni di gun show), ha
atteso che i 40 mila spettatori si assiepassero 300 metri più in là,
nella radura confinante con l’MGM Hotel, per l’ultima serata del “Route
91 Harvest Festival” (slogan: “Il Pigiama Party al Neon”) e, durante il
concerto di Jason Aldean, ha preso a sparare. Ha usato mitra e molti
caricatori e ha esploso centinaia di proiettili per diversi minuti,
producendo una carneficina di oltre 50 morti e 400 feriti. Quando una
squadra speciale ha fatto irruzione nella sua stanza, l’ha trovato già
morto. Secondo copione, aveva provveduto da solo, con le sue armi.
Comunque le indagini riveleranno cosa ci sia all’origine di quest’altro
maledetto delirio da prima pagina, come nel giugno 2016 quando il
vigilante Omar Mateen uccise 49 persone al Pulse, discoteca gay di
Orlando, o come il 17 giugno 2015 quando il 21enne Dylan Roof massacrò
nove membri della chiesa afroamericana di Charleston, o come, nel 2012,
quando il 20enne Adam Lanza sterminò 20 bambini e 6 adulti in una scuola
di a Newton, Connecticut. In ogni caso, queste carneficine sono il
rintocco a morto che oggi risuona nella società americana. Ricordano a
tutti, a chi vuole sentire e a chi si rifiuta, che questo è un paese
fatto di armi, disseminate in ogni casa perché è considerato
inalienabile il diritto all’autodifesa, lo stesso che in una mente
malata equivale al lasciapassare per raddrizzare – sparando – qualsiasi
ingiustizia o intolleranza. Il proprio “No” inciso su un proiettile.
Le finestre degli States e la canna di fucile
In
America, la maggioranza, incluso l’attuale presidente, (che ha espresso
sobrio cordoglio per i fatti di Vegas) considerano “sparare” un gesto
espressivo della volontà individuale, celebrato non solo dal cinema, ma
da un intero universo rappresentativo. C’era un cecchino dietro la
finestra, quella mattina a Dallas, quando, si disse, la nazione perse la
propria innocenza, insieme a Jfk, il presidente innovativo. E 55 anni
più tardi, le finestre d’America sono ancora fessure in cui infilare la
canna del fucile. L’elaborazione del lutto transiterà poi attraverso la
ricostruzione di una qualche biografia devastata. Ma mai e poi mai, si
metterà fine al principio che preserva i diritti dell’individualità fino
a questo assurdo grado. Se sei americano, puoi sparare. I Padri
fondatori vollero una nuova civiltà, per garantire delle opportunità del
genere. Dunque, se davvero hai il sangue agli occhi e l’apocalisse nel
cervello, può succedere che spari. Non sei il primo, e non sarai
l’ultimo. Fino a qui, te lo garantisce la Costituzione.