il manifesto 3.10.17
Il terrorismo delle armi
America.
Aggiungere un’etichetta «ideologica» all’ennesima strage non cambia il
problema di fondo, che non è costituito dal terrorismo internazionale. È
costituito da un terrorismo diffuso e incontrollato che è l’accesso
illimitato - anzi promosso con fondi ricchissimi dalla lobby dei
produttori di armi - a fucili d’ogni genere, proiettili, mitragliatrici e
bazooka
di Guido Moltedo
Google News Italia
«apriva ieri», per alcune ore, con la notizia secondo cui lo stragista
di Las Vegas era un affiliato dell’Isis. Eppure lo stesso Fbi aveva già
smentito una simile connessione.
Tant’è che il medesimo
aggregatore di notizie, nella versione americana, nelle stesse ore non
menzionava neppure nel suo menu la possibile matrice terroristica.
Perfino il presidente Donald Trump non vi ha fatto cenno nella sua
dichiarazione dopo l’eccidio.
Collegare ogni strage al terrorismo
islamista è una sorta di tic, perfino comprensibile di questi tempi, in
Italia, e può darsi anche che un qualche nesso con l’Isis verrà fuori.
Sì, si può capire questo tentativo, per quanto scontato, di dare un
senso a una «tragedia insensata» come l’ha definita papa Bergoglio o
«senseless tragedy», per usare le parole dei coniugi Obama.
In
realtà, la tragedia di domenica notte ha un senso, eccome, e il senso
non bisogna cercarlo in remote piste mediorientali, come fanno i media
nostrani, con irresponsabile leggerezza ed evidente scarsa conoscenza
dell’America.
Bill Clinton dice che sparatorie del genere
«dovrebbero essere inimmaginabili» negli Stati uniti. Già, il punto è
questo. Dovrebbero esserlo, ma non lo sono né possono esserlo in un
paese dove girano trecento milioni di armi da fuoco.
Un paese
dove, dal 1970 in poi, sono morti più americani per colpi di armi da
fuoco di quanti ne siano morti in tutte le guerre, andando indietro fino
alla Rivoluzione americana. La strage è quotidiana: muoiono ogni giorno
in America 92 persone colpite da armi da fuoco. È l’opinionista
Nicholas Kristoff a ricordarlo sul New York Times, citando lo studio di
David Hemeway di Harvard.
Aggiungere un’etichetta «ideologica»
all’ennesima strage, dovesse anche trovare alla fine fondamento, non
cambia il problema di fondo, che non è costituito dal terrorismo
internazionale.
È costituito da un terrorismo diffuso e
incontrollato che è l’accesso illimitato – anzi promosso con fondi
ricchissimi dalla lobby dei produttori di armi – a fucili d’ogni genere,
proiettili, perfino ordigni e mitragliatrici e bazooka.
Senza
muoverci da Las Vegas, l’«horror show», come l’ha definito una
superstite, è preceduto da un episodio del 26 marzo scorso, quando un
uomo su un bus a due piani sulla Las Vegas Strip uccise una persona,
ferendone un’altra, dalla vicenda del dicembre 2015, di una donna che si
lanciò «volontariamente» a bordo della sua auto contro la folla a Las
Vegas uccidendo una persona e ferendone almeno 37, da una sparatoria,
l’anno prima, con cinque persone uccise tra cui due poliziotti. Senza
contare la catena delle sparatorie quotidiane.
È di questi giorni
la discussione alla camera dei rappresentanti di un disegno di legge –
fortemente sostenuta dalla Nfr, la lobby delle armi – per agevolare la
vendita dei silenziatori per le armi da fuoco.
E, tanto per capire
subito una delle conseguenze della liberalizzazione della vendita dei
silenziatori, è stato fatto notare che Stephen Paddock, li avesse
applicati alle sue armi omicide, non sarebbe stato neppure individuato
dopo la sparatoria.
D’altra parte in quella stessa camera dei
deputati, è stato accolto da applausi commossi il rientro del
congressman Scalise, finito sul ciglio della morte dopo essere stato
preso a fucilate mentre giocava a baseball.
Scalise ha avuto un A+
dalla National Rifle Association, il voto già alto che la lobby delle
armi dà ai politici che la sostengono al congresso.
Come stupirsi che lo stesso Scalise non abbia detto una sol parola sul meccanismo mostruoso di cui lui stesso è stato vittima?
E che dopo l’accoglienza calorosa dei colleghi al suo ritorno si sia passati subito al disegno di legge sui silenziatori?
L’America
che si ribella al far west è consistente ma resta minoritaria. Durante
la presidenza Obama ci sono state stragi a Dallas, Columbia e Newtown e,
un anno fa, a Orlando, morivano 49 persone, trucidate nel Pulse, un
locale frequentato da gay, ed è stata la prima sparatoria di massa
dell’era Trump, la seconda per numero di vittime nella storia americana.
Dopo quella di Las Vegas.
Finiti nel nulla i tentativi di
regolare un minimo il commercio e la diffusione di fucili e pistole
portati avanti da Obama, con Trump l’escalation s’intensifica.
Tanto
che la stessa pretesa dell’Isis d’intestarsi stragi che non ha
organizzato ha perfino un senso in un paese che non ha nulla da
invidiare al Medio Oriente in guerra, in termini di caduti per colpi
d’arma da fuoco.