martedì 3 ottobre 2017

Corriere 2.10.17
I pm: niente prove sul segreto violato, archiviazione per Woodcock e Sciarelli
Inchiesta Consip, la richiesta della Procura di Roma per il magistrato e la giornalista
di Giovanni Bianconi

ROMA L’inchiesta a carico del pubblico ministero napoletano Henry John Woodcock e della giornalista Federica Sciarelli per la fuga di notizie sull’ affair e Consip avvenuta a dicembre scorso sulle pagine del quotidiano Il Fatto va archiviata perché «non ci sono elementi per ascrivere agli indagati la propalazione delle notizie coperte da segreto». La Procura di Roma è giunta a questa conclusione dopo sei mesi di accertamenti, e ha trasmesso la sua richiesta al giudice dell’indagine preliminare ma anche al Consiglio superiore della magistratura, alla Procura generale della Cassazione e al ministero della Giustizia. Per Woodcock cade anche l’accusa di falso in cui l’ha coinvolto l’ex capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto, quando ha detto — intercettato — che denunciare il presunto interessamento dei Servizi segreti al loro lavoro era stata «una scelta investigativa condivisa» con il pm.
Il fascicolo su Woodcock era stato aperto dopo i primi controlli sul telefono del giornalista Marco Lillo, autore degli articoli in cui si svelava che il comandante dell’Arma dei carabinieri e il ministro Lotti erano inquisiti (insieme ad altri) per il sospetto di aver rivelato ai vertici Consip l’esistenza di un’inchiesta sugli appalti truccati. Una «rivelazione di segreto d’ufficio» consumata nelle stesse ore in cui i nomi degli indagati venivano iscritti sull’apposito registro e gli atti venivano trasmessi per competenza dalla Procura di Napoli a quella di Roma. Nello stesso lasso di tempo sono comparse le tracce delle telefonate tra Lillo e Sciarelli, e di contatti tra Sciarelli e Woodcock. Nessuno, però, tra Woodcock e Lillo, e dai tabulati non risultava che il pm e la sua amica fossero insieme mentre Lillo chiamava lei.

L’articolata richiesta di archiviazione serve anche a giustificare la inedita iniziativa della Procura di indagare il pm e sequestrare il telefono della Sciarelli, sul quale era necessario cercare eventuali messaggi con Lillo, nell’ipotesi di una «triangolazione» delle notizie uscite sul giornale. Ma sull’apparecchio non sono stati trovati contatti nel periodo d’interesse; prima e dopo sì, ma non nei giorni utili all’inchiesta, non si sa se cancellati o meno, né (eventualmente) quando. Nel suo interrogatorio Federica Sciarelli ha sostenuto che Lillo, il giorno in cui scrisse l’articolo, la chiamò per chiederle se avesse notizie sulla presenza di Woodcock a Roma; ha spiegato di non aver avuto alcun ruolo nella fuga di notizie, e di non aver nemmeno riferito al magistrato che il suo collega lo stesse cercando.
Ulteriori verifiche non hanno consentito di acquisire elementi che potessero provare il coinvolgimento del pm e della sua amica nella «soffiata» al Fatto , però sarebbero emersi elementi utili a proseguire l’indagine in altre direzioni. Quanto al falso, agli atti restano solo le telefonate intercettate in cui Scafarto diceva ai suoi interlocutori che sarebbe stato lo stesso Woodcock a condividere la scelta di non scrivere nel rapporto finale che gli accertamenti sull’interessamento dei servizi segreti all‘inchiesta Consip avevano dato esito negativo. Quando è stato chiamato a spiegarle l’ufficiale dell’Arma s’è rifiutato di rispondere, mentre Woodcock ha spiegato di non aver condiviso alcuna omissione. È vero che suggerì di fare un capitolo a parte sul presunto coinvolgimento dei Servizi, ma senza entrare nel merito di quello che bisognava scrivere o tacere; tantomeno ordinando di non inserire i riscontri negativi. Di qui la seconda richiesta di archiviazione.