Corriere 2.10.17
I pm: niente prove sul segreto violato, archiviazione per Woodcock e Sciarelli
Inchiesta Consip, la richiesta della Procura di Roma per il magistrato e la giornalista
di Giovanni Bianconi
ROMA
L’inchiesta a carico del pubblico ministero napoletano Henry John
Woodcock e della giornalista Federica Sciarelli per la fuga di notizie
sull’ affair e Consip avvenuta a dicembre scorso sulle pagine del
quotidiano Il Fatto va archiviata perché «non ci sono elementi per
ascrivere agli indagati la propalazione delle notizie coperte da
segreto». La Procura di Roma è giunta a questa conclusione dopo sei mesi
di accertamenti, e ha trasmesso la sua richiesta al giudice
dell’indagine preliminare ma anche al Consiglio superiore della
magistratura, alla Procura generale della Cassazione e al ministero
della Giustizia. Per Woodcock cade anche l’accusa di falso in cui l’ha
coinvolto l’ex capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto,
quando ha detto — intercettato — che denunciare il presunto
interessamento dei Servizi segreti al loro lavoro era stata «una scelta
investigativa condivisa» con il pm.
Il fascicolo su Woodcock era
stato aperto dopo i primi controlli sul telefono del giornalista Marco
Lillo, autore degli articoli in cui si svelava che il comandante
dell’Arma dei carabinieri e il ministro Lotti erano inquisiti (insieme
ad altri) per il sospetto di aver rivelato ai vertici Consip l’esistenza
di un’inchiesta sugli appalti truccati. Una «rivelazione di segreto
d’ufficio» consumata nelle stesse ore in cui i nomi degli indagati
venivano iscritti sull’apposito registro e gli atti venivano trasmessi
per competenza dalla Procura di Napoli a quella di Roma. Nello stesso
lasso di tempo sono comparse le tracce delle telefonate tra Lillo e
Sciarelli, e di contatti tra Sciarelli e Woodcock. Nessuno, però, tra
Woodcock e Lillo, e dai tabulati non risultava che il pm e la sua amica
fossero insieme mentre Lillo chiamava lei.
L’articolata
richiesta di archiviazione serve anche a giustificare la inedita
iniziativa della Procura di indagare il pm e sequestrare il telefono
della Sciarelli, sul quale era necessario cercare eventuali messaggi con
Lillo, nell’ipotesi di una «triangolazione» delle notizie uscite sul
giornale. Ma sull’apparecchio non sono stati trovati contatti nel
periodo d’interesse; prima e dopo sì, ma non nei giorni utili
all’inchiesta, non si sa se cancellati o meno, né (eventualmente)
quando. Nel suo interrogatorio Federica Sciarelli ha sostenuto che
Lillo, il giorno in cui scrisse l’articolo, la chiamò per chiederle se
avesse notizie sulla presenza di Woodcock a Roma; ha spiegato di non
aver avuto alcun ruolo nella fuga di notizie, e di non aver nemmeno
riferito al magistrato che il suo collega lo stesse cercando.
Ulteriori
verifiche non hanno consentito di acquisire elementi che potessero
provare il coinvolgimento del pm e della sua amica nella «soffiata» al
Fatto , però sarebbero emersi elementi utili a proseguire l’indagine in
altre direzioni. Quanto al falso, agli atti restano solo le telefonate
intercettate in cui Scafarto diceva ai suoi interlocutori che sarebbe
stato lo stesso Woodcock a condividere la scelta di non scrivere nel
rapporto finale che gli accertamenti sull’interessamento dei servizi
segreti all‘inchiesta Consip avevano dato esito negativo. Quando è stato
chiamato a spiegarle l’ufficiale dell’Arma s’è rifiutato di rispondere,
mentre Woodcock ha spiegato di non aver condiviso alcuna omissione. È
vero che suggerì di fare un capitolo a parte sul presunto coinvolgimento
dei Servizi, ma senza entrare nel merito di quello che bisognava
scrivere o tacere; tantomeno ordinando di non inserire i riscontri
negativi. Di qui la seconda richiesta di archiviazione.