lunedì 2 ottobre 2017

Corriere 2.10.17
«I prelati vaticani seguiti e fotografati» Le accuse della Gendarmeria a Milone
Le carte dell’indagine sul revisore. I timori di nuovi ricatti attraverso i dossier
di Fiorenza Sarzanini

ROMA Alti prelati pedinati e fotografati. Esponenti delle gerarchie ecclesiastiche tenuti costantemente sotto controllo. Si tinge ancor più di giallo la vicenda che riguarda Libero Milone, l’ex revisore dei conti della Santa Sede che una settimana fa ha raccontato di essere stato minacciato di arresto se non avesse presentato le dimissioni. E alimenta nuove indiscrezioni sulla possibilità che siano stati confezionati dossier con informazioni, anche personali, su vescovi e cardinali. Perché è proprio questa una delle accuse contestate all’ex presidente di Deloitte Italia. Violazioni denunciate dalla gendarmeria, tanto che il sostituto della segreteria di Stato monsignor Angelo Becciu ha parlato di «spionaggio e peculato» e poi ha dichiarato: «Milone è andato contro tutte le regole e stava spiando le vite private dei suoi superiori e dello staff, incluso me. Se non avesse accettato di dimettersi, lo avremmo perseguito in sede penale».
I computer violati
Le parole di monsignor Becciu aprono scenari inquietanti e sollevano interrogativi proprio sulla trattativa condotta negli ultimi mesi tra la Santa Sede e lo stesso Milone prima dell’abbandono dell’incarico avvenuto il 19 giugno scorso, appena due anni dopo la nomina. Dubbi avvalorati dai documenti, in parte segreti, dell’indagine sulla violazione del suo computer. In Vaticano vige l’obbligatorietà dell’azione penale. Se l’allora revisore ha compiuto illeciti tanto gravi, perché non è stato perseguito? La scelta di farlo dimettere garantendogli — almeno fino ad ora — l’impunità, mira a recuperare il materiale che ha accumulato nei due anni trascorsi a lavorare oltretevere?
Si torna dunque al giugno 2015 quando Milone diventa revisore. Il 28 settembre successivo presenta denuncia alla gendarmeria «per un tentativo di furto consumato all’interno dell’ufficio all’interno del palazzo dei Propilei». Nella relazione stilata dal direttore Domenico Giani viene ricostruito l’accaduto: «Il Revisore al suo arrivo in ufficio aveva constatato che al suo computer portatile, lasciato sul posto il pomeriggio del venerdì precedente, era stato rimosso il case inferiore, come se fosse stato aperto. Essendosi verificate nei giorni precedenti due altre anomalie (sul computer della segretaria e su quello del suo stretto collaboratore Ferruccio Panico) si riteneva opportuno approfondire gli accertamenti e due giorni dopo si riscontrava il tentativo di rimozione dell’hard disk».
I documenti segreti
Si decide di sequestrare i computer di chi lavora negli stessi uffici e in quello di monsignor Vallejo Balda vengono trovati documenti riservati che riguardano la Cosea, la commissione sulle attività economiche e amministrative. È l’inizio del secondo capitolo di Vatileaks. Durante il suo interrogatorio del 9 ottobre 2015 che precede l’arresto per aver consegnato al giornalista Gianluigi Nuzzi atti riservati, Balda svela un dettaglio che diventa adesso determinante per le verifiche avviate sul ruolo di Milone: «So che nel computer di Milone vi erano documenti riservati di indagini in corso e della Cosea». Perché il revisore aveva carte segrete sulle inchieste? Qualcuno lo aveva saputo e la violazione del suo computer serviva a conoscerne il contenuto?
Il 14 maggio 2016, al processo Vatileaks contro Balda e Francesca Chaouqui, il capo della prefettura monsignor Alfredo Abbondi parla del misterioso furto del 29 marzo 2014 di altri fascicoli custoditi nella cassaforte del suo ufficio: «Non so dire se tutti i documenti sono tornati indietro, anche perché i documenti contenuti nelle varie camice (i faldoni divisi per argomenti ndr ) non erano poi elencati sulle stesse».
Le foto «rubate»
Gli atti investigativi svelano dunque come negli ultimi due anni ci sia stato un vero e proprio «traffico» di carte riservate della Santa Sede che ha coinvolto Milone. Finora il revisore non ha smentito di aver affidato a una società esterna alla Santa Sede l’attività di controllo contro i prelati. Chi sono queste persone? E qual era il suo reale obiettivo?
Secondo le indiscrezioni gli investigatori vaticani avrebbero le prove dell’incarico assegnato alla società e la consegna di alcuni report al revisore dietro il pagamento di fatture. Ma non sarebbero ancora riusciti a recuperare il materiale e questo adesso agita le gerarchie ecclesiastiche alimentando il timore che finiscano nella disponibilità di chi potrebbe utilizzarlo per una nuova stagione di veleni e ricatti.