Corriere 28.10.17
Saggi Pietrangelo Buttafuoco con Carmelo Abbate demolisce, dati alla mano, un tema caro alla sua area culturale
E l’intellettuale di destra dimostrò: l’autodifesa armata è una sciocchezza
di Aldo Cazzullo
È
il libro che non ti aspetti da un giornalista di destra, qual è
considerato Pietrangelo Buttafuoco. Sembra proprio Matteo Salvini il
principale destinatario del messaggio recapitato dal saggio scritto con
Carmelo Abbate, Armatevi e morite. La difesa fai-da-te è un inganno (e
non è di destra) , uscito per Sperling & Kupfer. Sostengono gli
autori che il cittadino armato di fucile, posto a sentinella della
propria abitazione già protetta da vetri blindati, finestre sbarrate,
cavi, catene e lucchetti, è un’illusione pericolosa, un percorso
illogico e irrazionale che finirà per lasciare tanti nuovi morti
ammazzati sul terreno.
Lo Stato che detiene il monopolio della
difesa e della sicurezza è una delle più grandi conquiste di civiltà.
Rinunciarci, magari sull’onda di quella che Buttafuoco e Abbate indicano
come «l’ultima isteria della destra sciué-sciué», sarebbe una
regressione quanto una follia. Perché alla «sgangherata macchina della
propaganda populista interessa solo mettere all’incasso l’applauso:
share nelle trasmissioni urlate, like nei social, bagni di folla al Bar
Sport». Mentre al povero signor Veneranda, personaggio creato da
Carletto Manzoni e preso a riferimento dell’italiano medio piccolo
borghese, non resta che «attaccarsi al ferro». Così facendo, lo Stato si
«cala le braghe» e il signor Veneranda «ci lascia le penne».
Armatevi
e morite , fare del cittadino il poliziotto di sé stesso, è «l’
armiamoci e partite di chi, facendo la guerra a parole, manda avanti gli
altri a crepare». Questo si nasconde dietro il mantra del «cittadino
con la pistola», la ricetta «un’arma in ogni famiglia» e lo slogan
dispensato con rassegnata leggerezza: «Visto che lo Stato non ci
difende...». Un «maledetto imbroglio», scrivono Buttafuoco e Abbate.
La
loro contestazione non è portata in punto di ideologia, ma di
pragmatismo. La difesa fai-da-te è un inganno perché laddove questa
viene applicata, provoca una vera e propria carneficina. Gli «Stati
Armati d’America», come vengono indicati dagli autori, sono lì a
mostrarci la direzione che non bisogna assolutamente percorrere. Hanno
la più alta percentuale di armi da fuoco per abitante al mondo: 88,8
ogni 100 persone, secondo l’organizzazione indipendente svizzera Small
Arms Survey, dato 25 volte più alto rispetto alla media delle nazioni
Ocse. Ma allo stesso tempo fanno registrare il più elevato numero di
omicidi rispetto a tutti gli altri Paesi industrializzati: quasi 12 mila
morti ammazzati soltanto nel 2008. All’opposto, sempre secondo lo
stesso osservatorio, in Giappone si contano 0,6 armi da fuoco ogni 100
abitanti (tasso più basso fra i Paesi ricchi) e 11 persone uccise nel
2008, mentre due anni prima erano state solo 6 in tutto il Paese.
Periodo nel quale negli Usa più di 500 persone avevano perso la vita per
una causa accidentale, cioè mentre erano intente alla pulizia della
pistola o del fucile.
E qui si apre una pagina che deve far
riflettere quelli che pensano che basti una pistola per mettersi al
sicuro. Perché dall’analisi specifica dei dati sulle vittime di armi da
fuoco emerge la scarsa consistenza della cosiddetta autodifesa: la
maggior parte dei morti non deriva dall’azione del cittadino che
protegge il proprio casolare, ma da quello che attacca e spara per le
ragioni più disparate. Un altro osservatorio indipendente, Gun Violence
Archive, ha contato 58.634 «sparatine» (come le chiamano i
sicilianissimi autori) nel 2016, 15.062 delle quali mortali. Soltanto in
1.971 di questi casi gli americani hanno fatto fuoco a scopo difensivo,
mentre gli incidenti per colpi accidentali sono stati 2.198. A
completare questa speciale contabilità del massacro, 384 mass shooting ,
le sparatorie di massa come quella del Pulse, il gay club di Orlando in
Florida, dove il 12 giugno 2016 un cittadino americano ha fatto fuoco a
casaccio sulla folla e ucciso 49 persone, ferendone altrettante.
Poi
c’è la scuola. Tra il 2013 e il 2015 il gruppo di attivisti Everytown
ha contato 160 school shooting in 38 Stati americani, il 53% delle quali
in istituti elementari. Ogni giorno 19 bambini arrivano nei pronto
soccorso per ferite da arma da fuoco, fra il 2003 e il 2013 ne sono
stati ammazzati 163 per incidenti nei quali mancava la volontà o la
consapevolezza di uccidere. Morti per gioco, per essere chiari.
Ecco
cosa ci dice l’esperienza fattuale. La difesa fai-da-te è un inganno, è
fumo negli occhi, ci rende «più nudi, più insicuri, più vittime». Chi
si arma è destinato a morire, o a bruciarsi le natiche. E qui gli autori
tirano fuori una storia di cui da sempre ridono gli uomini delle scorte
e i dirigenti della pubblica sicurezza. «Quella di un tutelato h24 che
la passione per le armi ebbe a pagarla bruciacchiandosi il sederino».
Aveva la mania di portarsi dietro il revolver, non avendone sapienza
d’uso, infilato nella tasca dei jeans senza averne messo la sicura.
Ancora una volta si confermò il dogma di Cechov: «Se in una scena
compare una pistola bisogna che spari. E fu pum ! Per fortuna solo sul
popò».