Corriere 28.10.17
Sondaggio niente governo senza intese
Calano i democratici cresce il centrodestra M5S avanti nel Sud
di Nando Pagnoncelli
Approvato
il Rosatellum i partiti si preparano per la campagna elettorale. Le
stime di voto premiano il centrodestra soprattutto al Nord. Il Movimento
5 Stelle vince al Sud, il Pd in calo dovrebbe tenere solo nelle ex
regioni rosse.
L a legge elettorale è stata approvata con una
larga e trasversale maggioranza composta da Pd, FI, Lega e Ap, oltre a
Scelta civica e Svp. Sappiamo quindi, dopo un lungo periodo di
incertezza, con quali norme andremo a votare. È perciò utile tornare a
valutare i possibili risultati che questa legge, alla luce dei sondaggi,
potrebbe produrre.
Vediamo intanto le stime di voto. Il panorama,
rispetto agli ultimi dati pubblicati su questo giornale, che risalgono a
fine luglio, segnala cambiamenti. Innanzitutto il Pd registra un calo
importante dei consensi, con circa 5 punti in meno rispetto ai risultati
migliori degli ultimi mesi. È il segnale delle difficoltà profonde che
questo partito ha attraversato recentemente. Se infatti, grazie anche
all’insediamento di Gentiloni e allo stile del premier, il Pd mantiene
una certa stabilità nei consensi sino a giugno, successivamente alcuni
elementi provocano un progressivo allontanamento degli elettori. Senza
pretese di esaustività, possiamo ricordare lo slittamento dello ius
soli, la questione del premierato, rivendicato da Renzi ma messo in
dubbio da una parte del partito, le vicende della conferma di Visco a
Banca d’Italia. Quest’ultimo episodio evidenzia uno scontro tra
segretario e presidente del Consiglio, che non produce i risultati
sperati da Renzi con lo schierarsi dalla parte dei risparmiatori. Per
almeno due ragioni: perché gli elettori del Pd vedono davvero male gli
scontri interni e perché permane tra questi elettori un atteggiamento
«istituzionale» non irrilevante. È probabile che se si ripeterà questa
sensazione di diarchia e un orientamento a cavalcare temi che potremmo
definire «populisti», non sarà semplice risalire la china.
Il
centrodestra gode di buona salute. Nonostante le differenze anche
marcate — ad esempio di Fratelli d’Italia sulla legge elettorale, o la
freddezza degli elettori di Forza Italia in occasione dei referendum
autonomisti, oppure ancora le posizioni distanti sull’Europa — gli
elettorati non solo tengono ma si ampliano. FI cresce di tre punti in
pochi mesi, più o meno come la Lega, mentre tiene bene FdI. Come abbiamo
più volte detto, si tratta di un elettorato capace di superare le
divisioni e di compattarsi nella prospettiva di vincere, a differenza di
quanto avviene nell’elettorato centrosinistra.
Anche il M5S
subisce una pesante contrazione, di cinque punti. Pure in questo caso ci
sono elementi evidenti. Le difficoltà di Roma cui si sono aggiunte
quelle torinesi, con la sindaca Appendino indagata per falso in
bilancio. La nomina di Di Maio, ratificata dalle primarie (con qualche
incidente di percorso), a capo politico, con conseguenti frizioni
interne. Una certa distanza da parte di Grillo, nelle percezioni degli
elettori, dalla separazione del blog avvenuta proprio in questi giorni.
Tutto ciò dà conto dei malumori di un elettorato che si allontana .
Infine
la sinistra, che si ferma, sommando tutte le aree, al di sotto del 7%.
Il progetto federatore di Pisapia si è definitivamente arenato. La
sinistra non riesce a intercettare il voto in uscita (rifugiatosi
nell’astensione o nei pentastellati), proprio perché chi se ne è andato
non riesce a individuare un progetto praticabile.
La stima dei
seggi non fa che confermare le tendenze, con il centrodestra che
arriverebbe a quota 248, il Pd, in calo, a 162, la sinistra con 25 seggi
complessivi, ammesso che i diversi elettorati riescano davvero a
sommarsi, i Cinquestelle a 178. Anche in questo scenario le maggioranze
sono davvero difficili.
Se infine guardiamo ai collegi
uninominali, stando alle prime stime basate su oltre 55.000 interviste
distribuite sulle base dei collegi del Mattarellum per il Senato e in
assenza delle candidature (due aspetti che potrebbero produrre
cambiamenti), la parte del leone spetterebbe al centrodestra, con poco
meno della metà dei seggi (109 su 231) che conquisterebbe in larga parte
al Nord (non tutti, come qualcuno ha sostenuto nei giorni scorsi),
seguito dal M5S con 71 scranni, concentrati al Sud, e da ultimo il Pd
con 51 seggi, provenienti in gran parte dalle ex regioni rosse.
Molti
ritengono che la nuova legge elettorale penalizzi i pentastellati sia
per la loro indisponibilità a formare coalizioni sia per il profilo dei
candidati nei collegi uninominali dove, presumibilmente, potrebbero
esserci figure poco note o con limitata esperienza politica. In realtà
il divieto di voto disgiunto potrebbe attenuare questo fenomeno.
Dalle
stime, quindi, emergono tre Italie, che esprimono esigenze diverse e
sono rappresentate da forze politiche diverse, in un contesto nel quale
stanno prendendo piede aspettative di autonomia regionale, e non
solamente nel lombardo-veneto. I soggetti vincitori nelle tre aree, per
mantenere il consenso potrebbero essere tentati di accentuare le
distanze anziché di ridurle.
Pertanto, individuare una maggioranza
post elettorale, di larghe intese, tra forze avversarie, potrebbe
rivelarsi estremamente complesso per almeno tre ragioni: innanzitutto
gli elettori si sentiranno espropriati del loro diritto di decidere chi
governerà; in secondo luogo è molto probabile che con una maggioranza
trasversale l’azione dell’esecutivo possa assumere le caratteristiche di
un «compromesso al ribasso» piuttosto che quelle di un governo di
scopo; da ultimo, le divisioni presenti nel Paese e l’affievolimento del
senso di identità nazionale potrebbero ostacolare la definizione di
processi unitari.