Corriere 26.10.17
Via libera alle cinque fiducie nel caos. L’aiuto di Verdini diventa decisivo
Legge elettorale, oggi il voto finale. M5S contro Grasso, lui replica: a volte più difficile restare che andarsene
di Dino Martirano
ROMA
La legge elettorale supera ben 5 voti di fiducia, e si avvia al sì
definitivo previsto per oggi, ma al Senato scoppia la guerra delle cifre
perché, almeno in due scrutini, la squadra di Denis Verdini (Ala) ha
avuto un ruolo decisivo per il raggiungimento del numero legale. «Da
oggi è nata una nuova maggioranza con Verdini», denuncia la capogruppo
di Mdp Cecilia Guerra. Ma nel Pd — nonostante le «riserve» del senatore a
vita Giorgio Napolitano, che non ha votato la fiducia pur annunciando
il suo sì finale al Rosatellum — si bada al risultato messo in sicurezza
prima delle elezioni siciliane: «L’Italia avrà un sistema equilibrato»,
spiega il renziano Andrea Marcucci e Piero Fassino respinge l’accusa di
aver fatto una «legge fascista».
Secondo fonti del Pd, i 12-13
verdiniani presenti in Aula per votare con il governo sarebbero stati
determinanti per il numero legale solo alla terza fiducia, e per un solo
voto di scarto. Ma alla quinta prova di fiducia — quando Mdp, SI e M5s
avevano lasciato l’Aula — per la maggioranza che sostiene Gentiloni è
arrivato il soccorso di 8 senatori della Lega e di 6 di FI, fino a quel
momento assenti. Calderoli, Scilipoti e compagni hanno votato contro la
fiducia ma, allo stesso tempo, hanno «annacquato» il contributo dei
verdiniani per il numero legale. Se si sottrae dal totale dei presenti
(172) l’aliquota della Lega e di FI giunta in soccorso (14 ), si arriva a
158 senatori in Aula. Ma se poi dai 158 si tolgono i 12 verdiniani, si
precipita a quota 146: sotto di un’unità rispetto al numero legale
(147). E ora il «puntellamento» dei verdiniani si riproporrà con la
legge di Stabilità.
I partiti della fiducia (Pd, Ap, Scelta
civica, Ala, Svp) non hanno avuto comunque problemi e oggi allungheranno
le distanze allo scrutinio finale sul Rosatellum con i voti di FI e
della Lega. Però la forzatura di 8 fiducie (3 alla Camera e 5 al Senato)
ha creato un clima caotico in Aula e il presidente Pietro Grasso ha
risposto così a Vito Crimi (M5S) che lo invitava a dimettersi: «A volte è
più difficile restare che andarsene. Come sapete, non ho accettato di
candidarmi in Sicilia per continuare a espletare il mio compito. Quando
si difendono le istituzioni non sempre si possono seguire i propri
sentimenti...».