Corriere 21.10.17
Leader globale? Xi
Il suo «Pensiero»
(dal liberismo all’ambiente) apre una nuova era in Cina. E, in assenza
di altri capi autorevoli, vuole dare indicazioni anche al resto del
mondo
dal corrispondente a Pechino Guido Santevecchi
Un
leader imperiale per un Paese di oltre 1,3 miliardi di anime
attraversato da grandi differenze culturali e sociali, da tenere insieme
con mano forte? O anche uno statista globale con molte risposte per le
incertezze del mondo? Xi Jinping è al potere dal 2012 in Cina e il
Congresso del Partito comunista sta decidendo (in realtà tutto è già
stato stabilito da tempo in segreto) se sia il caso di iscrivere nella
sua Costituzione «Il Pensiero di Xi». Dovrebbe essere uno dei due
risultati incerti del conclave che si concluderà mercoledì, insieme con
la lista dei nuovi membri del Politburo.
Ma la parola «si xiang»,
pensiero, associata al nome di Xi, viene ripetuta incessantemente in
queste ore dai mandarini comunisti. L’ha lanciata anche l’agenzia Xinhua
aggiungendo che si tratta di 14 principi fondamentali da mettere in
pratica per adattare il marxismo alle esigenze cinesi ed entrare nella
«nuova era». Comunque vada, lo «xiismo» è nato, dopo il maoismo, e in
Cina non può essere messo in discussione.
Un segnale chiaro è
venuto da una dichiarazione al Congresso di Liu Shiyu, capo della
Commissione sulla sorveglianza della Borsa: «Xi Jinping ha salvato il
Partito e lo Stato sventando un colpo di palazzo» da parte di alti
dirigenti. «Hanno complottato per usurpare la leadership del Partito e
prendere il controllo dello Stato», ha spiegato Liu e ha aggiunto il
nome di uno dei colpevoli: Sun Zhengcai, fino a questa estate capo di
Chongqing, megalopoli da 33 milioni di abitanti. Sun a 54 anni era in
corsa per un posto nel Comitato permanente del Politburo ed era
abbastanza giovane per poter sperare nella suprema promozione al posto
di Xi, nel 2022. Invece è caduto ed è finito in carcere. Finora si era
parlato delle solite «serie violazioni disciplinari» (sinonimo di
corruzione e ruberie). La nuova accusa di usurpazione del potere
sancisce che solo Xi può reclamarlo. Nonostante la forza del segretario
generale e presidente della Repubblica, nonostante il suo indubbio
carisma, la sua spietata campagna anticorruzione che ha decimato
letteralmente il Comitato centrale, qualche ombra dunque rimane a
Zhongnanhai, l’ex giardino imperiale dove ora risiedono i massimi
dirigenti.
Ombre, ma al momento Xi è il nuovo imperatore cinese.
La Repubblica popolare è entrata nella sua terza fase, dopo il
trentennio di Mao Zedong che riscattò il Paese fondando lo Stato
comunista, dopo Deng Xiaoping che soccorse l’economia, è il momento di
Xi che ci fa sapere di aver salvato il Partito, anche con le purghe di
corrotti che delegittimavano il sistema (e lo insidiavano
personalmente). Xi, che ha tracciato progetti fino al 2050, ha nelle
mani una Cina diventata grande potenza economica e reclama un ruolo di
guida mondiale. Gli manca solo il titolo di statista globale.
E
anche per questo obiettivo ha una strategia e una chiara visione sul
futuro delle relazioni internazionali. È aiutato dalla confusione della
presidenza Trump, che minaccia protezionismo commerciale, soluzioni
militari con Iran e Nord Corea, non crede negli Accordi di Parigi sul
contrasto al riscaldamento terrestre. E anche dai leader europei
costretti a discutere di Brexit dura o morbida e immigrazione
clandestina.
Quando parla di relazioni internazionali Xi dà il
meglio di sé, in termini di concretezza. Ha proposto le Nuove vie della
seta contro il protezionismo; nel discorso fiume al Congresso ha detto
che «ogni danno all’ambiente perseguiterà l’umanità nel futuro»; ha
offerto di costruire una «comunità del destino condiviso» che promette
di perseguire l’interesse nazionale tenendo in conto le ragionevoli
aspirazioni e preoccupazioni degli altri Paesi.
Restano i dubbi:
la Cina può essere decisiva per disinnescare la minaccia nordcoreana, ma
per decenni l’ha protetta e coltivata come arma di ricatto verso Usa,
Sud Corea e Giappone. Sulle Vie della seta può sfogare il suo eccesso di
capacità produttiva. Impone alle imprese occidentali di condividere
(cedere) la loro alta tecnologia per poter entrare nel suo mercato. Ha
costruito e fortificato isole artificiali nel Mar cinese meridionale.
Vuole proteggere l’ambiente, ma intanto i suoi cieli sono coperti da uno
smog irrespirabile per la maggior parte dell’anno.
Xi parla di un
«Sogno cinese» per il proprio Paese e per il mondo. Al momento è in
vantaggio, per mancanza di concorrenti. Ma per i cinesi che non lo
seguono il sogno è l’incubo della repressione, come ci ha ricordato la
morte terribile del Nobel Liu Xiaobo, tenuto sotto sorveglianza da
malato terminale. Intanto, chi volesse farsi un’idea del Pensiero di Xi,
può leggere il suo libro «Governare la Cina», stampato in 6,5 milioni
di copie, appena tradotto anche in italiano e albanese. Perché Xi guarda
al mondo intero.