Corriere 19.10.17
Boldrini
«Cara Asia, ti dico: resta in Italia, la gente è con te»
La presidente della Camera su Weinstein e gli abusi «Si è perso terreno, la misoginia avvelena la società»
di Giuseppe Sarcina
WASHINGTON
« Non ho avuto modo di chiamare Asia Argento perché sono in missione a
New York e in Canada. Le mando, però, questo messaggio: bisogna rimanere
in Italia per rafforzare la solidarietà tra donne. Asia non mollare».
La presidente della Camera, Laura Boldrini, è al telefono da New York.
Ha appena concluso l’incontro con il Segretario generale dell’Onu,
Antonio Guterres. «Abbiamo parlato di Libia e degli sforzi per arrivare a
un accordo tra le parti in causa. Il Segretario condivide la nostra
preoccupazione per le condizioni dei migranti e dei richiedenti asilo in
quel Paese. Stiamo lavorando insieme anche su questo versante».
Nello stesso tempo ha seguito il «caso Weinstein»? Ha visto l’intervista di Asia Argento a Bianca Berlinguer l’altra sera?
«Ho
seguito la vicenda. Non ho visto l’intervista perché ero in volo per
New York. Mi spiace che abbia detto che vuole andarsene dall’Italia...»
Dice che è stata criticata solo nel nostro Paese, anche dalle donne…
«A
maggior ragione non deve arrendersi. Anzi è il momento di fare squadra
tra le donne. Ognuno lo può fare nel proprio ambito, nello spettacolo,
come nella politica. Alla Camera ho istituito il “caucus delle donne”,
un gruppo di deputate interpartitico come usa negli Stati Uniti. Le
donne, insieme, possono mettere al centro dell’attenzione le questioni
di genere, incluso il problema degli abusi. Per quanto riguarda le
molestie e gli stupri, il problema sono gli uomini e il loro
comportamento. Invece in questa vicenda stiamo sentendo cose
inaccettabili: aveva la minigonna? Era provocante? Perché ha denunciato
così tardi? Inaccettabile, lo ripeto. Noi dobbiamo spostare l’attenzione
dalle vittime ai colpevoli».
Asia Argento ha raccontato che non si era esposta prima perché temeva di non essere creduta o giudicata male, anche dalle donne…
«Detesto
il fatto che Asia Argento debba arrivare a giustificarsi. Questo è il
mondo alla rovescia, non è importante se e quando una donna decide di
denunciare un abuso. Queste sono sue scelte. Lo scandalo è che un uomo
di potere, questo Weinstein, si sentiva libero di saltare addosso alle
ragazze che volevano lavorare. Questo è il sistema marcio che va
sradicato. Io ho letto molti rilievi offensivi, beceri fatti da uomini
che quasi giustificavano l’atteggiamento di Weinstein. Dopodiché, è
vero, ci sono anche delle donne che non sono amiche delle donne perché
adottano un metro di giudizio che va incontro alle esigenze maschili e
non a quelle femminili. Purtroppo, se non c’è consapevolezza accade
anche questo. Non è un mistero, ma non si può dire che la maggior parte
delle donne sia così. Quelle che la criticano sono poche, magari
rumorose e quindi fanno notizia».
La rete ha reagito in modi
opposti. Negli Stati Uniti l’hashtag «Me too» e in Italia «quella volta
che» raccolgono i racconti delle donne che hanno subito abusi. È un’onda
impressionante. Asia Argento pensa che possa essere il segnale di una
rivoluzione. È cosi?
«Mi auguro che possano essere momenti di
condivisione e quindi di forza. Spero che questi hashtag continuino a
circolare il più possibile e che aiutino le donne a rompere il silenzio,
a uscire allo scoperto. È sempre difficile farlo e prima di giudicare,
bisognerebbe mettersi nei panni di una donna che ha subito una violenza
sessuale».
Dall’altra parte, sempre sul web, Asia Argento e altre sono state sommerse di insulti…
«La
rete è la nuova frontiera dell’umiliazione per il mondo femminile. Una
donna si trova spesso davanti a un bivio: o accettare le offese, le
sconcezze oppure uscire dal web. Alla Camera ho istituito una
commissione sui fenomeni di odio, dedicata alla deputata laburista
britannica Jo Cox, uccisa nella campagna elettorale per la Brexit. Le
conclusioni della commissione sono inquietanti: al vertice della
piramide dell’odio c’è la donna. È il bersaglio numero uno delle
violenze, dell’intolleranza. Forse si è creduto che le questioni
femminili fossero risolte. Niente di più sbagliato. Si è, invece, perso
molto terreno e la misoginia avvelena la società».
Quindi gli «hashtag» non bastano…
«Dobbiamo
lavorare molto e a più livelli. Promuovere l’educazione di genere fin
da piccoli, spiegando l’uguaglianza tra i sessi ai bambini e alle
bambine. Puntare molto sull’educazione digitale. Adesso stiamo lanciando
con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli un progetto nelle scuole
per navigare con più consapevolezza sul web, per combattere i
pregiudizi e le fake news. Proprio oggi ne ha parlato anche il New York
Times , come uno dei piani più innovativi».