Corriere 19.10.17
Una polemica che ripropone l’Italia come malata d’Europa
di Massimo Franco
Il
riflesso meno vistoso ma più pericoloso dell’offensiva del Pd renziano
contro Bankitalia è quello internazionale. L’attacco contro il
governatore Ignazio Visco conferma una sottovalutazione del contesto in
cui si è immersi. A Bruxelles non importano le ragioni per le quali il
maggior partito di governo ha «armato» il suo gruppo parlamentare con
una mozione contro l’Istituto di emissione. L’iniziativa è stata letta
come un’ingerenza irrituale a spese dell’ indipen-denza del sistema
bancario. Il risultato è di fare apparire di nuovo il Paese come «il
malato d’Europa».
Si tratta di un rischio oggettivo, che prescinde
da ragioni e torti della polemica. A emergere è l’immagine di un’Italia
sovrastata da un estremismo populista che non risparmia nemmeno una
parte delle forze di governo; e che affiora ora su Bankitalia, ieri sul
tetto alla spesa pubblica, domani su altro. La presa di distanza da
Matteo Renzi di esponenti come l’ex premier Mario Monti ma anche di suoi
alleati come l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, Walter Veltroni o
il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, è rivelatrice.
A
emergere è una miscela di imbarazzo e di preoccupazione trasversale,
nella quale per paradosso il centrodestra berlusconiano appare più
responsabile del grosso del vertice dem nel difendere Visco. Anche se
nel Pd si allarga una protesta meno timida verso una leadership che sta
appannando non tanto i referenti sociali della sinistra ma qualcosa di
più: un profilo responsabile verso le istituzioni, costruito in decenni;
e un’immagine di «forza del sistema» rivendicata ma contraddetta.
Quando Zanda dice che mozioni del genere «meno se ne fanno meglio è», fa
capire questo.
Il senatore a vita Mario Monti va oltre. Ricorda
il ruolo svolto da Visco nel 2012 contro lo spread che rischiava di
metterci in ginocchio. E ammette di essere stupito non tanto per
l’attacco renziano a Visco, ricevuto ieri dal presidente della
commissione parlamentare sulle banche, Pier Ferdinando Casini. La sua
sorpresa è che «213 deputati si sono sentiti di approvare la mozione. Ci
rendiamo conto che sono temi riguardanti inestricabilmente anche
l’Europa?».
È una domanda pesante. E non chiama in causa solo il
segretario dem, ma chi nel governo gli ha fatto sponda senza informare
il premier Paolo Gentiloni. La possibilità che all’estero la classe
politica venga percepita come inguaribilmente bifronte aumenta: pronta
ad accettare le regole della convivenza europea, salvo poi violarle. È
probabile che non sia la sola a farlo. Ma su uno sfondo di ritorno dei
nazionalismi, rischia di essere additata non come responsabile dello
scollamento europeo. Peggio: come capro espiatorio della crisi.