Corriere 16.10.17
In Inghilterra si accende la battaglia culturale sulle identità sessuali e di genere
di Luigi Ippolito
Una
nuova battaglia culturale attraversa la Gran Bretagna: e corre lungo la
linea di definizione dell’identità sessuale e di genere. I fronti sono
molteplici: si va dalle scuole che introducono uniformi unisex per
maschi e femmine alla proposta di rendere facoltativa nel prossimo
censimento la domanda sul sesso biologico di appartenenza, per non
discriminare le identità fluide. Tutte iniziative che inevitabilmente
hanno suscitato controversie. L’ultima polemica investe il Servizio
sanitario nazionale: dall’anno prossimo i medici e gli infermieri
pubblici inglesi, a ogni appuntamento con un paziente maggiore di 16
anni, dovranno informarsi sull’orientamento sessuale (etero, gay,
lesbica, bisex o altro). La novità è stata promossa dagli attivisti
omosessuali e ha come obiettivo quello di fornire terapie più mirate: le
persone della comunità LGB sono due volte a rischio suicidio rispetto
agli altri, sette volte più spesso tossicodipendenti e due volte di più
dedite all’abuso di alcol. Ma la reazione non si è fatta attendere: è
sicuramente fonte di imbarazzo, si fa notare, chiedere l’orientamento
sessuale a un ragazzino sedicenne o a una nonnetta ultraottantenne. Per
non parlare in generale dell’invasione della privacy: fuori lo Stato
dalla camera da letto, ha commentato qualcuno. A questa notizia se ne
accompagnano altre: come il college che ha deciso di consentire ai
maschi che si sentono femmine di truccarsi e vestirsi da donna e perfino
di dormire nelle camerate delle ragazze; o lo stampatore che ha
rifiutato i biglietti da visita ai clienti trans. Quella che è in corso è
una ridefinizione dei parametri di appartenenza sessuale e di genere: e
occorre prestarvi attenzione, perché la Gran Bretagna fa spesso da
apripista. È già una società post-religiosa e post-razziale: sarà anche
una società post-sessuale, nel senso di andare oltre la divisione
binaria maschile-femminile ?