giovedì 12 ottobre 2017

Corriere 12.10.17
Il timore dei franchi tiratori
Rosato fa la conta: ci siamo
Nel Pd 11 asseni e sospetti su altri
La fronda di chi aspetta il voto segreto
di Monica Guerzoni

Undici assenti nel Pd. Sospetti su altri. La fronda di chi aspetta il voto segreto di oggi. Ma Rosato fa i conti e dice «Ci siamo». Malumori anche tra gli azzurri del Sud .
ROMA La grande paura si materializza dopo la prima fiducia, quando sul tabellone si illumina il 307 in corrispondenza dei «sì» e i dirigenti del Pd cominciano a compulsare i tabulati del voto. Chi ha strappato? Chi si è eclissato? Chi potrebbe tradire, oggi nel segreto dell’urna? «Più di 70 voti si sono persi per strada», lo provocano i giornalisti ed Ettore Rosato perde la pazienza: «Ma dove stanno? Solo undici dei nostri non sono venuti e sei hanno il certificato medico».
Pollastrini? «Malata da settimane». Cuperlo? «Lui non è malato e neanche Giorgis, ma la loro è una scelta politica». Marco Meloni? «Il certificato non serve, lo sanno tutti che non l’avrebbe votata». E via così, come a voler scacciare il fantasma dei franchi tiratori: «Ma quali 101 — esorcizza i brutti ricordi il capogruppo del Pd —. Noi possiamo perdere al massimo una quindicina di voti, che saranno compensati dai deputati di Mdp che stanno con Pisapia. Che fa Ciccio Ferrara, boccia la coalizione e si suicida?».
Il Transatlantico ondeggia come una nave che ha perso la rotta e in questo mare di facce smarrite, nessuno azzarda pronostici. «È una legge fatta per le poltrone — graffia Pippo Civati —. Chi di poltrona ferisce, di poltrona perisce». Lorenzo Guerini smentisce il cattivo presagio: «Nel Pd non ci sarà un solo franco tiratore». Dai capannelli dei deputati filtrano altri umori, altri timori. Enzo Lattuca, classe 1988: «Basta, mi sono stufato. Mi sa che non la voto. Dicono che ci sono i maldipancia perché ciascuno pensa alla poltrona, ma nessuno ricorda che con le preferenze avremmo dovuto lottare per conquistare il seggio». Ecco il rimpianto che potrebbe spingere anche diversi renziani a impallinare il Rosatellum per tornare al Consultellum.
Un orlandiano titubante: «In Toscana molti preferiscono le preferenze piuttosto che supplicare Bonifazi e Lotti». L’ex azzurro Maurizio Bianconi, in transito al Misto, si sfoga con Rosato e Giacomelli: «Siete dei democristiani di m... La ragion di Stato non può prevalere sulle regole». Il socialista Marco Di Lello tranquillizza i compagni, convinto che i franchi tiratori «saranno al massimo 50 tra Pd e FI». Ma nella testa di Rosato ronzano altre cifre: «Partiamo da 400 voti, ne bastano 90 per mandarci sotto». Per il relatore Lele Fiano l’asticella della grande paura è fissata a 120: «Tranquillo io? Boh, diciamo ottimista».
Tranquillo non è nessuno, in questo oceano di correnti contrapposte. La Lega non ha votato la fiducia, ma voterà la legge. Rosy Bindi ha votato la fiducia e non voterà la legge. Un verdiniano confessa l’inconfessabile: «Su due fiducie ne ho votata una, per non perdere 300 euro di diaria». Poiché il tempo è finito e la politica anche, ogni peone ragiona per sé. I dem del Nord sanno che nei collegi non si vince, tanto che Matteo Colaninno prevede «una catastrofe» e si prepara a tornare in azienda. Annagrazia Calabria ammette che sì, «c’è malumore tra gli azzurri del Sud», ma lei spera che non si tramuti in colpi a tradimento. Tra i dem di Roma e del Lazio è il panico. «Noi cuperliani andremo in ordine sparso», annuncia un sì «di testa mia» Ileana Argentin. Francesco Boccia, scuderia di Michele Emiliano, promette il suo voto e aspetta Renzi al confine della Puglia: «Se vuole prendere qualche seggio dovrà trattare con noi». E se per Piero Martino (Mdp) i dem sono «zombie che camminano», Beppe Fioroni non vede traditori all’orizzonte: «Prenderemo più voti della maggioranza e vorrà dire che abbiamo promesso troppi posti».
Ecco Lotti, Madia, Lorenzin. Franceschini riceve assiso su un termosifone, poi sprofonda su un divano con Orfini, Bindi e Guerini. Si scherza sui «101» e su un governo Renzi-Berlusconi. «Dove si terranno le riunioni? — strappa una risata Guerini —. Chiedete a Dario, maggioranza è dove c’è lui».