“... le persone sembravano convinte di parlare con una vera psicoterapeuta....” !!!!
internazionale 28.10.2017
Tecnologia
Il terapeuta che risponde immediatamente
I ricercatori dell’università di Stanford hanno usato le basi della terapia cognitiva e le tecniche più avanzate nel campo del linguaggio per creare uno psicoterapeuta virtuale
di Will Knight, Mit Technology Review, Stati Uniti
Mi imbarazza un po’ ammetterlo, ma sono stato da un terapeuta virtuale. Si chiama Woebot ed è un chatbot (un software che simula una conversazione con gli esseri umani) di Face book sviluppato dai ricercatori dell’università di Stanford, che offre psicoterapia cognitivo-comportamentale interattiva. Nel consiglio d’amministrazione di Woe bot c’è Andrew Ng, che in passato ha lavorato sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale per Google e Baidu. “Considerando i bisogni della società e la capacità dell’intelligenza artificiale di offrire un aiuto, penso che la terapia digitale per la salute mentale soddisfi tutti i requisiti”, dice Ng. “Se riusciamo a riprodurre in un chatbot un po’ delle conoscenze di un vero psicoterapeuta, potremo aiutare milioni di persone”. Negli ultimi giorni ho seguito i consigli di Woebot per affrontare ansia e depressione. Pur non considerandomi una persona depressa, ho trovato l’esperienza positiva. “Il sistema sanitario penalizza i più giovani, anche perché i costi della terapia e la stigmatizzazione sono molto elevati”, dice Alison Darcy, fondatrice di Woebot e ricercatrice di psicologia clinica, che ha avuto l’idea del chatbot l’anno scorso, mentre insegnava a Stanford. Lì Darcy ha incontrato Ng, e proprio gli esperimenti condotti nell’università sull’applicazione del deep learning (apprendimento profondo) ai chatbot l’hanno convinta che i bot potevano fornire un servizio di psicoterapia. Secondo lei la terapia cognitivo-comportamentale può essere automatizzata, perché si basa su una serie di passaggi per identificare e affrontare modi distorti di pensare. Negli Stati Uniti la depressione è la principale forma di disabilità, e il cinquanta per cento degli studenti universitari del paese soffre di ansia o depressione. Darcy e i suoi colleghi hanno sperimentato vari prototipi su studenti universitari che si sono offerti volontari, trovando i metodi del chatbot molto efficaci. Un chatbot può sembrare un modo rozzo di fornire psicoterapia, perché spesso gli assistenti virtuali sono goffi. Ma Woebot ha un’interfaccia fluida e una buona tecnologia di linguaggio. Chiarisce subito che nessun essere umano vedrà le risposte e ti invita a contattare qualcuno se la tua situazione si rivelasse grave. Luce positiva Durante il test ho usato per lo più le risposte predefinite che mi venivano suggerite dal chatbot, ma quando ho improvvisato non si è mai inceppato: l’utente viene guidato nella conversazione, ma il sistema è in grado di comprendere una gamma ampia di risposte. Ogni giorno ti accoglie e ti accompagna un passo per volta. Per esempio, quando ho cercato di dirgli che ero stressato a causa del mio lavoro, mi ha aiutato a riconsiderare i miei pensieri sotto una luce positiva.
La prima assistente virtuale, Eliza, sviluppata al Massachusetts institute of technology nel 1966 da Joseph Weizenbaum, era stata concepita per imitare una “psicologa rogersiana”. Eliza usava alcuni stratagemmi per creare l’illusione di una conversazione intelligente, ripetendo le domande degli interlocutori, oppure facendone di aperte, come “in che senso?”. Weizenbaum fu sorpreso nel constatare che le persone sembravano convinte di parlare con una vera psicoterapeuta. Secondo Darcy, Eliza e Woebot funzionano perché una conversazione è un modo naturale di comunicare la propria sofferenza e di ricevere sostegno emotivo. Inoltre, le persone sembrano felici di mettere da parte lo scetticismo e di conversare con un bot. “Se Woebot riuscisse a replicare il modo in cui uno psicoterapeuta aiuta un paziente a fronteggiare situazioni di stress, sarebbe molto utile”, dice Michael Thase, professore di psichiatria all’università della Pennsylvania. “Le persone con un livello basso di depressione potrebbero trarne beneficio”. Ma aggiunge anche che la tecnologia funziona meglio se abbinata all’aiuto fornito da una persona reale. “Passare un po’ di tempo con un terapeuta è una cosa utile”, dice.