giovedì 21 settembre 2017

Repubblica
“Meno tempo con gli amici, colpa del web anche in Italia un’adolescenza dilatata”
di Elena Dusi

ROMA. Niente sesso, alcol, né pomeriggi sul muretto: siamo gli adolescenti dell’era smartphone. La “crescita lenta” in Italia è stata misurata, tra gli altri, da Alessio Vieno, professore di psicologia dello sviluppo e della socializzazione all’università di Padova e direttore di Lab ID, laboratorio di ricerca su internet e dipendenza. I suoi dati provengono dalla ricerca Health Behaviour in School-aged Children (Hbsc), cui partecipano 43 paesi. In Italia sono state analizzate le risposte di 65mila ragazzi di 11, 13 e 15 anni.
Cosa avete misurato?
«I quindicenni che hanno avuto un rapporto sessuale sono diminuiti del 3-4% fra 2002 e 2010. Gli astemi totali in Italia sono passati dal 19% del 2002 al 25% del 2014. La tendenza è ancora più accentuata in altri paesi europei: l’aumento medio è del 14%. In Norvegia non tocca alcol il 56% dei ragazzi, ed erano il 23% nel 2002. Questa è sicuramente una buona notizia dal punto di vista della salute pubblica. Ma a noi interessa leggerla anche da un punto di vista diverso, quello della voglia di fare esperienze nuove».
Quali altri dati avete trovato?
«È diminuito il tempo trascorso con gli amici. Parliamo di “tempo non strutturato”, al di fuori di scuola, sport e attività supervisionate dagli adulti. Abbiamo il dato europeo, non ancora quello italiano, ma parliamo di un’ora e mezzo al giorno in meno tra 2002 e 2014. Le patenti per l’auto sono crollate del 40% tra il 1992 e il 2012, ci fa sapere l’Aci».
Perché avviene questo?
«Perché le attività online succhiano tempo».
E che effetto ha sullo sviluppo dei ragazzi?
«Letti insieme, i numeri ci danno un messaggio chiaro: gli adolescenti hanno meno voglia di provare esperienze nuove. E sappiamo che sperimentare è l’unica strada per crescere. Quello che impariamo nasce dai nostri successi e insuccessi. Il risultato finale è un’adolescenza dilatata, che fatica a trovare sbocco nell’età adulta».
Secondo la ricerca Usa la colpa è di internet.
«Ci credo solo in parte. Le sperimentazioni online sono virtuali, quindi attenuate. Si può sempre cambiare identità, se qualcosa su Facebook va storto. Ma non penso, come sostiene Jean Twenge, che l’iPhone abbia distrutto una generazione».
I genitori che possono fare?
«Sono loro i primi a usare i social media, e spesso anche a sfruttare gli schermi come silenziatori, per far stare zitti e buoni i loro bambini».