Repubblica 21.9.17
“I diciottenni di oggi inesperti come i quindicenni del ’76”
Adulti sempre più tardi
Uno
studio Usa: posticipate di 3 anni le scoperte di sesso, alcol e auto.
“Famiglie agiate e figli unici, crescere non è urgente”
“Dal 2000
crollo continuo nel numero di giovani che si allenano a entrare nel
mondo dei grandi” “Ma la Rete non è l’unica spiegazione: questo trend è
iniziato prima del boom dell’Internet di massa”
di Giuliano Aluffi
ROMA.
“Fermate il mondo, non voglio crescere”. Gli adolescenti di oggi,
rispetto a quelli degli scorsi decenni, ritardano sempre di più le
esperienze dal sapore più adulto, come avere un partner, lavorare,
provare l’alcol, guidare l’auto dei genitori. Lo dice uno studio che,
analizzando lungo il corso degli ultimi 40 anni la propensione di 8,4
milioni di adolescenti americani (età 13-19) alle attività più “da
grandi”, ha trovato che le eleganti etichette “millennial” (con cui si
indicano i nati tra 1980 e 1994) e “iGeneration” (1995-2012) sono
sovrapponibili al più nostrano “bamboccione”.
«I diciottenni di
oggi sono come i quindicenni di ieri. E i venticinquenni di oggi sono
come i diciottenni di un tempo» spiega l’autrice dello studio Jean
Twenge, docente di psicologia alla San Diego State University, che sul
tema ha scritto anche un saggio appena uscito:
iGen: why today’s
super- connected kids are growing up less rebellious, more tolerant,
less happy – and completely unprepared for adulthood
(Atria
Books). «A partire dal 2000 si assiste un crollo continuo nel numero di
adolescenti che fanno cose considerate un allenamento a entrare nella
vita adulta. Intorno al 2010 i 17-18enni uscivano per appuntamenti
romantici meno di quanto facessero i 15-16enni negli anni 90. E mentre
intorno al 1991 il 54% dei diciassettenni aveva già avuto esperienze
sessuali, nel 2015 questa percentuale è scesa al 41%». Una tendenza
simile, nota lo studio, per il primo contatto con l’alcol: dal 1993 al
2016 la percentuale di 13-14enni che hanno fatto quest’esperienza è
scesa del 59%.
Una riluttanza che, nello studio pubblicato su
Child Development, risulta essere trasversale a tutti i sessi e le etnie
statunitensi. «Abbiamo considerato alcune ipotesi come l’effetto di
Internet: se oggi si passano online più ore di un tempo, è chiaro che
restano meno ore per uscire o fare lavoretti» risponde Twenge. «Ma il
web non può essere la sola spiegazione, perché vediamo questo trend
iniziare anche da prima del boom dell’Internet di massa ».
L’interpretazione più convincente, per gli autori dello studio, è la
teoria life- history, secondo cui chi vive in un ambiente agiato ha meno
fretta di crescere rispetto a chi passa l’adolescenza tra rinunce e
ristrettezze. Quando il futuro è incerto e le risorse sono scarse, gli
esseri umani avrebbero infatti un forte incentivo a bruciare le tappe
verso la maturità sessuale, così da aumentare le proprie chance di
riprodursi nonostante le avversità. Chi è protetto da un contesto
familiare più confortevole, invece, può indugiare più a lungo nel parco
giochi dell’adolescenza.
«Dal 2000 in poi i figli hanno avuto più
agi. Rispetto agli anni 70 è aumentato il reddito delle famiglie e si è
ridotta la loro dimensione» osserva Twenge. «Così i bambini hanno
iniziato a sentire come meno pressanti le urgenze dettate da un orologio
biologico formatosi in tempi più primitivi ». Che ora è messo a tacere
anche dallo smartphone: «Negli ultimi anni vediamo un’accelerazione del
fenomeno: comunicando di più tramite quel mezzo, i teenager sentono meno
bisogno di uscire e ritrovarsi fisicamente».