Repubblica 9.9.17
Il voto nell’isola e il rischio di una lunga campagna fino a primavera
Perché l’ex premier non può permettersi l’immobilismo sulla legge elettorale
di Stefano Folli
L’INTERVENTO
DI RENZI in Sicilia rappresenta l’avvio di una lunga, certo troppo
lunga campagna elettorale che attraverserà l’isola fino al voto di
novembre e poi proseguirà su scala nazionale in vista delle elezioni
legislative di primavera. «All’inizio della primavera», come ha
precisato tempo fa il capo dello Stato: ossia alla scadenza naturale del
Parlamento. Nei fatti si sta dipanando un unico filo, il quale ci
ricorda che anche l’anno scorso la campagna per il referendum
costituzionale durò oltre sei mesi: una nevrosi che contribuì non poco a
stancare l’opinione pubblica.
Ora il segretario del Pd si
preoccupa che la scadenza siciliana sia giudicata alla stregua di uno
“stress test” o di un mero “sondaggio” in vista delle elezioni generali.
C’è del vero in questa osservazione e nessuno può sottovalutare la
rilevanza di quello che accade a Palermo. Ma ovviamente Renzi pensa ai
rischi immediati: ai contraccolpi romani di un’eventuale sconfitta
siciliana, data per molto probabile da tutti i sondaggi. E la sua mente
corre a chi gli scissionisti dei Mdp - si è dato esattamente questo
obiettivo, cercando l’occasione d’oro per indebolire il segretario e poi
condizionarlo.
Per la verità, c’è poco da stupirsi. Il “fronte
del no” è figlio della recente scissione e la sua priorità consiste
proprio nel vendicarsi del gruppo dirigente del Pd. Sarebbe strano il
contrario. Che poi i nemici della segreteria abbiano governato fino qui
la regione insieme al partito renziano nella maggioranza pro-Crocetta, è
un dato di fatto, ma le contraddizioni in politica sono la norma.
Semmai Renzi non dovrebbe insistere troppo circa la neutralità del
risultato siciliano rispetto alle vicende romane. Tutto si tiene, al di
là dei meriti e dei torti del segretario. La Sicilia sarà parte di un
giudizio complessivo sugli anni del “renzismo”, alla pari degli esiti
delle altre elezioni regionali e amministrative. Non si tratta di
sperare che la Sicilia sia messa tra parentesi, bensì di attrezzarsi con
idee innovative per un’unica campagna elettorale: oggi a Palermo,
domani a Roma e nel resto d’Italia.
In fondo, è quello che sulla
carta l’ex premier sa fare meglio: andare in giro a raccogliere il
consenso. Almeno una volta era così, prima del referendum che ha
costituito una discriminante decisiva. Colpisce che la campagna 2017 per
adesso assomigli a una riproposizione di vecchi temi e di slogan già
sentiti, a cominciare da quelli minacciosi verso l’Unione che non
distribuisce i migranti. Difficile pensare che il leader voglia
limitarsi a questo nei prossimi sei mesi, fra una presentazione e
l’altra del suo libro. Anche perché si dovrà pur fare una riflessione
sulle incognite dell’alleanza con Alfano e sul perché il rapporto con
Pisapia finora è rimasto al palo.
Non essendo più una giovane
promessa, Renzi non può permettersi l’immobilismo che è l’altra faccia
della scarsità di idee. Forse è un’impressione sbagliata, ma il
“rottamatore” sembra quasi rassegnato a sfruttare le ingessature del
sistema, anziché provare di nuovo a cambiarlo. La storia della legge
elettorale è emblematica al riguardo. Con l’attuale sistema ritagliato
dalla Corte Costituzionale, è quasi certa l’ingovernabilità del
Parlamento. Il che significa la condanna a esecutivi tecnici o “del
presidente” in una condizione di grave debolezza. Forse varrebbe la pena
tentare ancora l’approvazione di un modello elettorale più adeguato,
magari il cosiddetto “Mattarellum” aggiornato su cui potrebbe accendersi
l’interesse di Forza Italia e della Lega.
Viceversa, il vertice
renziano sembra agnostico su questo punto. Come se il segretario fosse
appagato dalla prospettiva di controllare un cospicuo numero di
parlamentari grazie alle liste bloccate. Il che gli permetterebbe
comunque di esercitare il potere all’interno di un Parlamento
“impiccato”, come dicono gli inglesi. Sarebbe al centro della scena,
certo, e magari Berlusconi con il suo gruppo lo cercherebbe. Ma per un
bizzarro scherzo del destino, questo Renzi sarebbe solo un lontano
parente di quello che vinse le europee nel ‘14 con irruente dinamismo.