sabato 9 settembre 2017

La Stampa 9.9.17
Manovra a rischio al Senato
E Padoan tratta con i ribelli Mdp
Una “cabina di regia” al ministero dell’Economia per evitare che la legge di Bilancio sia affossata dai dalemiani
di Francesca Schianchi

C’è un dialogo aperto tra Mdp e alcuni collaboratori del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. A oltre un mese dalla presentazione della legge di bilancio al Parlamento, quando però avvertimenti e minacce di non votarla da parte di qualcuno della maggioranza sono già una presenza quotidiana («Gentiloni cambi rotta o la manovra se la fa con Berlusconi», va ripetendo da tempo il coordinatore di Mdp, Roberto Speranza), il governo tenta di correre ai ripari. Per evitare di arrivare al voto sulla manovra di fine anno, quello più delicato, con un pezzo della maggioranza - sedici preziosissimi voti nella perenne instabilità del Senato - deciso a dire no. Così, mentre gli incontri ufficiali col presidente del consiglio si limitano a quello di aprile a cui hanno partecipato i due capigruppo di Camera e Senato, contatti con il Mef sono già in corso, una sorta di «cabina di regia» per trovare un equilibrio tra risorse disponibili e priorità della sinistra di governo.
«Le dichiarazioni di questi giorni sono solo un po’ di teatro», considerano a Palazzo Chigi frasi come quelle polemiche di Alfredo D’attorre di due giorni fa («non siamo stati coinvolti in nessuna scelta: siamo in una situazione, in questi mesi, di quasi appoggio esterno al governo»), un «teatro» tanto più necessario per marcare una distanza dal Pd, considerano, nel mezzo della campagna elettorale siciliana che vede i due partiti sostenere candidati diversi, e alle soglie della lunga cavalcata verso le politiche. Ma proprio perché nell’ultima legge di bilancio prima del voto, Mdp avrà la necessità di segnare la sua differenza dai dem, si tratta nonostante tutto di minacce che non vengono prese sottogamba. In particolare ora che Vasco Errani, membro di spicco del nuovo partito, ha abbandonato l’incarico di commissario straordinario al terremoto: fino all’altro giorno di casa a Palazzo Chigi, era da molti considerato una sorta di pontiere.
Il primo appuntamento è verso fine mese, con il voto sullo scostamento dell’obiettivo di medio termine, per il quale serve la maggioranza assoluta (che è sostanzialmente il via libera del Parlamento a prenderci maggiore flessibilità dall’Europa) e quello sulla nota di aggiornamento al Def. Dopodiché si entrerà nel vivo della discussione della manovra: «Dobbiamo restare dentro ad un percorso che ci porti verso il pareggio di bilancio, questo non è negoziabile - ricorda il presidente della Commissione bilancio di Palazzo Madama, Giorgio Tonini – dopodiché si valuteranno le priorità. Nei limiti del possibile e del ragionevole ci sarà apertura alle proposte di Mdp: ma certo non esiste il libro dei sogni. E, personalmente, non mi piace la logica del ricatto».
Quello che Mdp chiede da tempo è una discontinuità con le politiche dei tre anni di governo Renzi, con una svolta su questioni economiche e sociali: «Lavoro, non solo sgravi ma regole, diritti e investimenti; la sanità, cioè l’accesso alle cure; il fisco, cioè l’equità e la progressività», ha elencato nelle settimane scorse Pier Luigi Bersani. Attraverso la fondazione Nens, presieduta dall’ex ministro Vincenzo Visco, hanno anche steso un documento con un elenco di misure da sottoporre al governo nella logica «altrimenti non votiamo». «Anche se voglio vedere chi si prenderebbe la responsabilità di non votare la manovra e spedire l’Italia in esercizio provvisorio», assicura chi si sta occupando del dossier. Il governo è aperto, dicono da Palazzo Chigi, tanto da aver già avviato contatti. Ma da Mdp non si fidano troppo: «L’unica volta che i nostri capigruppo, La Forgia e Guerra, sono stati ricevuti da Gentiloni – ricorda Arturo Scotto - poi il governo ha fatto passare i voucher contro il nostro volere…».