Corriere 9.9.17
«Resto senza stipendio e aspetto una soluzione. Se il problema sono io mi farò da parte»
Gabanelli: il portale online è necessario
di Virginia Piccolillo
ROMA Allora, Milena Gabanelli, ci ha ripensato?
«No.
Il mio non è un capriccio, ma la certezza che non ci sono le condizioni
per produrre risultati. E di cui poi devo rispondere».
Il dg Mario Orfeo è amareggiato: le ha proposto la condirezione di Rainews e lei ha rifiutato.
«Anch’io
non sono felice di come sia andata. Il mio incarico è far funzionare
l’informazione online, che la Rai non ha, malgrado i suoi 1.600
giornalisti. La proposta è quella di stare dentro un sito che non ha i
presupposti per funzionare, in attesa degli eventi».
Il Cda non capisce il suo no.
«I
casi sono due: o sono matta (e sono stata abile a mascherarlo per 20
anni) o qualche ragione c’è, visto che ho rinunciato allo stipendio, e
non sono ricca di famiglia. Non voglio polemizzare, il Cda ha il diritto
di decidere cosa vuole fare, e io di rifiutare».
C’è chi legge la sua aspettativa come uno strappo .
«Al
contrario. È una disponibilità ad attendere o trovare altre soluzioni, e
non a carico del cittadino. Nella pubblica amministrazione ci sono
molti incarichi fittizi. Anche in Rai. Ho fatto battaglie contro questo
malcostume. Non produrre nulla e incassare lo stipendio lo troverei
umiliante».
Perché non le basta la promozione e uno staff di 40 giornalisti scelti da lei?
«Non
ne ho mai fatto una questione di carica. E lavorare con Di Bella, che
stimo, è pure divertente. Ma buona parte dei giornalisti che ho
incontrato sono disponibili a trasferirsi al portale unico Rai, ma non
al sito di una testata. Così quelli di tg nazionali e regionali,
corrispondenti: tutti felici di contribuire. Ma non a Rainews.it, perché
è percepito come il sito di una testata concorrente».
Vuole una sua testata, come dice Maurizio Gasparri (FI) ironizzando sul doppio significato del termine?
«È
spiritoso. Ma io non voglio né un “mio” Portale, né una “mia” testata.
Ho regalato all’azienda il marchio Report , e non conosco un solo autore
che non se lo sia tenuto, figuriamoci. Però difendo il diritto di
mettere la faccia su qualcosa che firmo».
Michele Anzaldi (Pd) le chiede trasparenza.
«Sulla
trasparenza ho costruito la mia carriera. Rispondo al mio superiore
gerarchico, il dg. Ma se Anzaldi vede qualcosa di opaco basta che chieda
e consegnerò le relazioni sul lavoro svolto in questi 6 mesi, a lui e,
se ritiene, alla Vigilanza».
Ha detto «no» a Freccero. Non era dalla sua parte?
«Le ragioni Freccero le conosce perché gliele ho spiegate personalmente».
C’è chi dubita che in pochi mesi pre-elezioni si possa fare un piano News.
«Quel che so è che quando c’è volontà si può fare tutto».
Il M5S crede ci sia un «veto politico» nei suoi confronti.
«Non
voglio cadere nella trappola della demagogia. Credo che ci siano idee
diverse, e sia oggettivamente complicato ridurre le testate perché
bisogna fare i conti con sacche di potere».
Si aspettava questo quando ha lasciato Report ?
«Ho
accettato sapendo perfettamente che la decisione finale la doveva
prendere il Cda, e non era scontata, ma ho corso il rischio: è una bella
sfida».
Pentita?
«Dopo 20 anni la scelta era invecchiare con Report o mettermi in gioco con un nuovo progetto».
E se questo non si farà?
«Sarebbe
un peccato per la Rai che non può permettersi un ulteriore ritardo
sull’informazione online. Se invece il problema sono io, non ho
difficoltà a farmi da parte, il lavoro fin qui fatto non andrà sprecato.
Non ho paura del futuro e non sono legata alle poltrone, ho delle idee e
una reputazione che vorrei continuare a mettere a disposizione del
servizio pubblico. Ma non inventandomi un nuovo programma, altrimenti
sarei restata dov’ero».