Repubblica 7.9.17
Minniti-Haftar e la linea italiana per “contenere” i francesi in Libia
di Carlo Bonini
ROMA.
E’ il fermo immagine di uno snodo cruciale della partita che l’Italia
gioca nel quadrante libico e della sfida diplomatica sull’asse
Roma-Parigi la stretta di mano a Bengasi tra il ministro dell’Interno
Marco Minniti e il generale Khalifa Haftar, comandante della “Libyan
National Army”, la milizia che controlla la parte orientale del Paese.
Un incontro dell’inizio della settimana scorsa, durato tre ore e rimasto
segreto per quasi dieci giorni, fino a quando non ne è stata data
notizia dalla stampa libica. Due – riferisce a Repubblica una
qualificata fonte di governo – i temi della discussione. Il primo:
disinnescare l’escalation di violenza verbale che aveva accompagnato in
agosto la nostra missione navale a Tripoli (con la minaccia da parte
della milizia di Haftar di reagire con i missili alla violazione della
sovranità). Il secondo e più importante: convincere Haftar che, pure nel
solco di un rapporto privilegiato con il governo di Tripoli di Fajez al
Serraj, l’Italia non immagina alcuna stabilizzazione della Libia che
non passi per un accordo con il Generale e la sua milizia.
Gli
argomenti di Minniti – riferisce ancora la nostra fonte – avrebbero
trovato un Haftar non solo disponibile all’ascolto, ma pronto a
un’apertura di credito verso Roma, che si dovrebbe misurare in un
impegno della milizia a contenere, lungo la fascia costiera e i 1.000
chilometri di frontiera con l’Egitto, i flussi migratori dal sud del
continente africano. A maggior ragione ora che i rapporti tra Roma e il
Cairo (cui Haftar è legato) hanno ritrovato la loro normalità
diplomatica. Ma quella foto di Bengasi dice qualcosa di più. Soprattutto
alla luce del fatto che, dopo Haftar, Minniti ha incontrato lunedì
scorso ad Algeri il premier e il ministro dell’Interno algerini.
Racconta che, a distanza di cinque settimane dal vertice del 23 luglio
al castello di La Celle-saint-Cloud, quando il Presidente francese
Emmanuel Macron aveva benedetto l’accordo per il cessate il fuoco tra
Serraj e Haftar, l’Italia ritorna al centro della partita libica
spegnendo il tentativo di Parigi di farsi protagonista dell’ultimo,
decisivo tratto di strada, che dovrebbe portare alla stabilizzazione
della Libia: il voto nella primavera 2018. Dopo il vertice di Parigi del
28 agosto con cui l’iniziativa solitaria di Macron era stata “diluita”
consegnando a Italia, Spagna, Germania e Francia il compito di
implementare il piano proposto dall’Italia per la stabilizzazione della
Libia e il contenimento dei flussi migratori dall’Africa sub-sahariana
(Niger e Ciad), Roma ora riprende anche a tessere il filo delle
iniziative bilaterali. Che, di fatto, la collocano come interlocutrice
dei Paesi che fanno da perimetro, geografico e strategico, al governo di
Tripoli. La Cirenaica di Haftar, l’Algeria, il Ciad, il Niger. E che
confermano che per Palazzo Chigi il destino della Libia è in cima
all’agenda della sicurezza nazionale. Per ragioni che hanno a che fare
con i flussi migratori e con le fonti di approvvigionamento energetico.
Quelle che animano la silenziosa sfida con Parigi.