martedì 5 settembre 2017

Repubblica 5.9.17
Non chiamiamola schizofrenia per evitare lo stigma
di Francesco CRO

UN NOME che, con la sua connotazione negativa, aggiunge inutile sofferenza ai pazienti, ammantandoli di un’aura di pericolosità e ostacolando la comprensione della natura della malattia: schizofrenia, termine coniato più di un secolo fa dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, e che significa “mente divisa”, alludendo a una scissione delle funzioni mentali che ha alimentato la leggenda di pazienti con una doppia personalità, imprevedibili e pericolosi. Il Giappone ha eliminato il termine schizofrenia dalla classificazione delle malattie mentali nel 2002, sostituendolo con “disturbo dell’integrazione”, e dopo quindici anni, secondo i ricercatori del Centro nazionale di neurologia e psichiatria di Kodaira e dell’università di Tokyo, il bilancio è positivo: le persone si accostano con meno pregiudizi ai pazienti, e questi accettano più facilmente la diagnosi, sono più propensi a cercare aiuto e meno portati a gesti disperati, come i tentativi di suicidio. L’utilizzo di un termine neutro, come “disturbo psicotico”, risponde maggiormente alla realtà e non ferisce pazienti e familiari. Sebbene molti clinici ritengano che un cambiamento di nome non sia sufficiente a superare lo stigma, lo psichiatra Antonio Lasalvia, dell’università di Verona, ritiene che i vantaggi siano largamente superiori agli ipotetici svantaggi, e la Società italiana di Psichiatria sta promuovendo una riflessione tra gli psichiatri italiani. Sarebbe auspicabile che anche i personaggi pubblici facessero la loro parte, rinunciando alla scorretta abitudine di usare schizofrenico come sinonimo di “contraddittorio” o “incoerente”.
Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale, Viterbo