domenica 3 settembre 2017

Repubblica 3.9.17
Bernie, lo sconfitto vincente che gira gli Usa e si fa sentire
di Arturo Zampaglione

NEW YORK. Un chiaro segnale della rivincita di Bernie Sanders era già venuto dal congresso di Chicago del Dsa (Democratic socialist of America). Tra bandiere, pugni alzati, riferimenti a Marx e a Gramsci, i 700 delegati, un mese fa, avevano festeggiato l’esplosione degli iscritti (triplicati in due anni, a 25mila), inneggiando al loro leader di riferimento: Sanders, per l’appunto. Sconfitto da Hillary Clinton nelle primarie dell’anno scorso, il settantacinquenne senatore del Vermont continua a essere sulla breccia. Gira in lungo e in largo per contrastare la contro-riforma sanitaria sognata da Donald Trump e proporre in alternativa un sistema nazionale. Ha scritto un libro indirizzato ai teenager (“La guida di Bernie Sanders alla rivoluzione politica”). E facendo leva sulla popolarità che si è conquistato nella campagna elettorale, quando ha trascinato centinaia di migliaia di americani ai suoi comizi, lancia una sfida al partito democratico perché cambi.
La tesi di Sanders è che sia perdente, rispetto alle politiche conservatrici della Casa Bianca e alla diffusa sfiducia sul presidente, rincorrere i repubblicani sul terreno moderato. Occorre invece che il fronte progressista punti a obiettivi sociali ed economici più ambiziosi, senza aver paura di sfidare i poteri forti e Wall Street. Una linea, questa, che spaventa l’establishment democratico, ancora dominato da una ideologia centrista. D’altra parte l’effetto Sanders — secondo i politologi — è destinato ad avere ripercussioni sugli equilibri interni del partito e sull’esito delle elezioni del 2018. Molti esponenti del partito temono di dover fare i conti con una leva di candidati più liberal, sostenuti da organizzazioni locali create durante la campagna di Sanders.
Sanders non ha mai fatto mistero di considerarsi un “socialista democratico” ed è stato eletto al Senato come indipendente, non come democratico. D’altra parte lo spauracchio del socialismo non è più quello della guerra fredda: il 35 per cento degli americani (e il 55 per cento dei giovani) ne ha un’opinione favorevole. Comunque Sanders non si scompone: «Ormai sono in molti a capire i benefici del programma socialista che promette l’accesso per tutti alle cure mediche, salari decenti, affitti e l’università statale gratuita».