Repubblica 2.9.17
In fila per imparare se il festival diventa lezione collettiva
di Raffaella De Santis
SARZANA
Tutti in fila per Elena Cattaneo. La scienziata, biologa di fama
mondiale, parlerà della Corea di Huntington. Di che cosa? Il tema, per
la maggior parte delle persone che pazientemente aspettano di entrare
alla conferenza inaugurale della XIV edizione del Festival della Mente
di Sarzana, è misterioso. «Non ho idea di cosa andrò a sentire», dicono i
più. Però ci sono, vogliono partecipare all’ignoto. Pochissimi di
quelli che affolleranno il tendone al centro di piazza Matteotti, la
piazza del Comune, sanno che la Corea di cui la Cattaneo parlerà non ha
niente a che vedere col missile nucleare lanciato verso il Giappone da
Kim-Jong-un, né si tratta di un revival dello scontro di civiltà di
Samuel P. Huntington. Ma è una malattia genetica, quella che comunemente
chiamiamo Ballo di San Vito, un disturbo neurodegenerativo raro che
spinge chi ne è colpito a movimenti inconsulti, ad essere preso da una
sorta di frenesia danzante ( chorea in greco vuol dire danza e san Vito è
il patrono dei ballerini): «In Italia colpisce cinquemila persone. In
altri tempi chi ne era colpito era bollato come matto, indemoniato,
posseduto, pazzo. I malati erano emarginati, condannati, rinchiusi »,
spiega Cattaneo.
Dentro il tendone (un migliaio di persone, molti in
piedi), cala il silenzio. Fa caldo, ci si aspettava la pioggia e invece
c’è una grande afa. Qualche signora si sventola col ventaglio. Ci sono
molte donne, l’età media matura, qualche ragazzo sta in piedi per
lasciare il posto ai più anziani. Tutti disposti all’ascolto di ciò che
ignorano. Qualcuno ha letto sul depliant che si tratta di una “brutta
malattia”. Franca Pantaleo è tra le più motivate. Ammette entrando che
non ne sa niente, ma vuole imparare: «A me piacciono i convegni,
soprattutto quelli di scienza. Vengo da una paese qui vicino, da
Caniparola. Vengo per imparare. Da giovane non ho potuto studiare, i
miei non avevano i soldi. Ho fatto la pantalonaia per quasi tutta la mia
vita. Poi mi sono stancata, mi sono iscritta all’università della terza
età e ora sono qui». Sorride, indica un’amica: «Lei ne sa di più, è
maestra».
Nessuno che si muova, nessuno che desista. Elena Cattaneo è
bravissima. Sentendola parlare, la storia della frenesia di Huntington
diventa una specie di giallo alla Sherlock Holmes, con scienziati che la
scoprono, altri che la inseguono in Venezuela, diapositive di geni che
sembrano fantasie di Miró. S’imparano nomi: George Huntington fu il
medico che la scoprì per la prima volta nel 1872 e Nancy Wexler la
scienziata che andò a studiarla a Maracaibo partendo da Los Angeles.
Nessuno prende appunti, ma nessuno sembra annoiarsi. C’è chi, come Luca,
uno studente di Lerici, si dice «appassionato di malattie rare». E in
effetti dentro sembra realizzarsi una sorta di catarsi collettiva delle
ipocondrie comuni. Anche la voglia di liberarsi delle proprie paure può
essere un buon motivo per venire. Quest’anno il tema del festival è la
Rete. Qui però la Rete è fatta di storie e facce in carne ed ossa, più
che di foto profilo social o pensierini da 140 caratteri. Si parla a
bassa voce, si misurano anche gli applausi. Tanta gente e neanche un
suono. Miracolo dei festival, l’immagine di un’altra Italia, senza
slogan, frasi d’odio, protagonismi inutili. Semmai, la riscoperta
dell’ascolto. Un passo indietro, parla l’altro. Al festival di Sarzana
vengono molti maestri, professori di scuola che vogliono “aggiornarsi”
prima della ripresa delle lezioni, altri che considerano questa la vera
festa, il momento in cui la scuola si fa vita, scende tra i vicoli
medievali della città, mischia i ragazzi e gli adulti, gli intellettuali
e le persone comuni.
Paola Longari, 60 anni, viene al festival ogni
anno, dopo una vita passata a insegnare storia e filosofia. Lo fa, dice,
perché essere qui non è la stessa cosa che stare a scuola: «Voglio
tenere i contatti con la cultura viva, con quello che accade. Voglio
partecipare». Paola arriva da Viadana, vicino a Mantova, e assicura che
la prossima settimana sarà al Festivaletteratura. Non è la sola
viandante festivaliera. I pellegrini dei festival si riconoscono, si
salutano, ricordano le edizioni precedenti. C’è chi le conta, come i
timbri sul passaporto. Qualcuno tra i più giovani scatta qualche selfie,
ma sono pochi. Altro miracolo.
Una delle ultime diapositive mostra
il soffitto illusionistico della Stanza degli sposi a Mantova: «La
scienza non è solo una lista di fatti, ma un modo diverso di guardare le
cose. Un modo per riconoscere la nostra ignoranza », dice Cattaneo. È
sicuramente questo il motivo per cui mille persone sono venute sotto un
tendone bollente a sentire parlare di qualcosa che ignoravano: forse
sapevano che dopo avrebbero guardato il mondo con altri occhi.
A Sarzana la rassegna sulla mente argomenti difficili, ma nessuno si annoia
“Volevo studiare, non ho potuto e ho lavorato tutta la vita. Adesso finalmente recupero”