sabato 2 settembre 2017

Repubblica 2.9.17
La statua di Colombo e la storia riscritta
di Alexander Stille

SI TOGLIERÀ la statua di Cristoforo Colombo che domina Columbus Circle, uno dei principali crocevia di New York? Dopo la violenza razzista a Charlottesville e la decisione di spostare la statua del generale Robert E. Lee da un parco pubblico, il sindaco italo- americano di New York Bill de Blasio ha proposto di nominare un comitato per la rivalutazione di tutti i «simboli dell’odio». (Ha menzionato il bisogno di togliere una targa di Philippe Pétain, il presidente della Francia di Vichy che ha collaborato con il nazismo). Ma la reazione iniziale è stata estremamente negativa. «Sarebbe una specie di Inquisizione alla storia in chiave politicamente corretta», ha detto lo storico Kenneth Jackson. Sul caso Colombo, de Blasio ha promesso che avrebbe partecipato (come fanno tutti i sindaci ogni anno) alla parata annuale di Columbus Day il mese prossimo. Poi, per quanto riguarda la statua di Colombo, de Blasio ha detto che in molti casi basterebbe una targa esplicativa per dare un più ampio contesto storico alla scultura, piuttosto che toglierla. Nel frattempo, qualcuno ha decapitato una statua di Colombo vicino a New York.
La mossa goffa di de Blasio riapre un dibattito più generale sui monumenti e la storia e sul fatto che sculture che rappresentavano la gloria per alcuni recano offesa a minoranze che non hanno potuto costruire statue. E rischia di fare il gioco di Donald Trump che accusa i suoi critici di volere «cancellare la storia». «Vogliamo togliere le statue di George Washington e Thomas Jefferson? Anche loro erano proprietari di schiavi», ha detto. L’università di Yale ha recentemente modificato un bassorilievo con un colone puritano che puntava un fucile verso un indiano. Può sembrare una parodia della correttezza politica, ma il dibattito sui monumenti è serio, anche se può portare a eccessi comici e perfino aggravare ancora di più le divisioni etno-razziali fomentate da Trump.
È importante capire che per i primi 200 anni la storia americana è stata scritta e presentata al pubblico dai “vincitori”, uomini bianchi di origine europea. Anche se togliere la statua di Colombo sarebbe assurdo, è essenziale comprendere che per quel che resta degli indiani americani Columbus Day è un giorno di lutto, il giorno in cui la loro civiltà ha cominciato a morire, un fatto ignorato o minimizzato nei manuali di storia fino a 40 o 50 anni fa.
Può essere positivo e sano riaprire il dibattito storico e guardarlo da un altro punto di vista. È bene che si sappia che i monumenti della Confederazione separatista hanno proliferato negli Stati del Sud proprio quando stavano togliendo quasi tutti i diritti civili ai loro cittadini neri. Non è storia antica. Nel 1983 molti membri del Sul del Congresso hanno resistito all’idea di fare un giorno di festa nell’anniversario di Martin Luther King, e in tre Stati hanno creato una festa doppia, onorando Lee insieme a King, nato a quattro giorni di distanza. Una specie di beffa alla comunità nera: onoriamo il vostro leader insieme a uno che ha difeso la schiavitù e si è opposto al voto per i neri dopo la guerra civile.
Ma è altrettanto importante evitare atteggiamenti dogmatici da entrambe le parti e valutare caso per caso. L’università di Yale ha cambiato il nome al Calhoun College, mentre Princeton ha resistito all’idea di togliere il nome dal centro Woodrow Wilson, entrambi tacciati di razzismo. Ma forse avevano ragione: Calhoun non ha avuto un ruolo centrale nella vita dell’università ed era noto soprattutto per la sua difesa particolarmente accesa della schiavitù. Il caso di Wilson è più complesso: ha cacciato i dipendenti neri dell’amministrazione pubblica degli Usa ma è stato un ottimo rettore di Princeton, come presidente degli Stati Uniti ha fatto del bene e del male. Ha sostenuto l’idea della auto-determinazione dei popoli, seppur solo in Europa e non nelle loro colonie. L’università di Oxford ha deciso di tenere una statua di Cecil Rhodes mentre l’università di Città del Capo ha tolto la sua. La storia non è unica né immutabile, cambia con il contesto e il tempo. Rhodes ha un significato diverso nei due luoghi: a Oxford ha fondato una famosa borsa di studio che porta il suo nome, mentre a Città del Capo lo stesso nome è sinonimo per la maggioranza nera di conquista, oppressione, apartheid.
La soluzione spesso è utilizzare questi casi per approfondire la storia e conoscere meglio le figure sui piedistalli nella loro imperfezione: sarebbe bene, per esempio, che gli studenti di Oxford sapessero che la borsa di Rhodes è stata creata per rendere Oxford “il centro educativo della razza inglese”.
Conoscere meglio significa fare distinzioni. C’è una differenza tra Washington, Jefferson e Lee. Washington e Jefferson hanno fondato il Paese che Lee ha cercato di distruggere. Il caso di Jefferson è una somma di tutte le contraddizioni della nostra storia: è stato schiavista ma anche autore della Dichiarazione d’indipendenza americana che stabiliva che «tutti gli esseri umani sono stati creati uguali». Grazie alla ricerca genetica, ora sappiamo che Jefferson ha avuto diversi figli con la sua schiava Sally Hemings che era, a sua volta, figlia mista del suocero di Jefferson. Ora i discendenti della Hemings sono stati ammessi alle riunioni della famiglia Jefferson e tutti hanno imparato qualcosa sull’estrema complessità della razza negli Stati Uniti.
Allo stesso modo, non si può dire che togliere un momento sia sempre un’offesa alla storia. Ridare il nome San Pietroburgo a quella che era Leningrado è una cancellazione della storia o una restaurazione. In Germania è impensabile una statua commemorativa di Hitler: toglierle è stata una forma di presa di coscienza, non di amnesia. In Russia si conserva il corpo imbalsamato di Lenin, ma non quello di Stalin. Ci sono delle ragioni, ma bisogna riconoscere che la commemorazione pubblica è un’arte inesatta e non una scienza. Abbattere le statue di Mussolini sembrava giusto, ma cancellare tutta l’iconografia fascista al Foro Italico sembra un attacco alla storia. Perché? Questione di pancia, di giudizio e di intuizione. Roma ha tenuto l’obelisco di Axum, un trofeo di Mussolini tolto all’Etiopia nel 1937, e l’Italia democratica l’ha conservato per 60 anni dopo la guerra per poi restituirlo nel 2005. Perché quello che non sembra offensivo in un momento può sembrarlo in un altro. Negli Stati Uniti di Trump rischia di diventare un’arma per polarizzare ancora di più il Paese e fare dei Democratici (se non stanno attenti) il partito delle minoranze e dei Repubblicani il partito dei bianchi.