Repubblica 2.9.17
Numero chiuso, atenei a rischio caos pioggia di ricorsi, allarme dei rettori
Gli
studenti: dopo lo stop del Tar a Milano la battaglia si estende in
tutte le università La Statale sospende i test: “Ma non ci fermiamo, il
Consiglio di Stato ci darà ragione”
di Luca De Vito e Ilaria Venturi
«LA
conseguenza dell’ordinanza del Tar? È che l’95% dei corsi a numero
programmato dagli atenei sono illegittimi». Non ha dubbi Michele
Bonetti, il legale dell’Unione degli universitari che ha bloccato il
numero chiuso nei corsi umanistici della Statale di Milano. È scoppiato
il caso. Ed ora gli Atenei temono l’effetto domino. «Il governo
intervenga», è la voce della Conferenza dei rettori.
L’associazione
studentesca promette battaglia, con nuovi ricorsi. Sul tavolo
dell’avvocato ci sono già i due nuovi corsi a numero programmato decisi
quest’anno dall’ateneo di Firenze. «Andremo a spulciare tutte le
delibere per impugnare quelle che non fanno riferimento alla legge sul
numero chiuso: è sbagliato chiudere l’accesso all’università, dunque
andiamo avanti», spiega la coordinatrice Elisa Marchetti.
L’università
Statale ha deciso di ricorrere contro la decisione del Tar del Lazio,
cercando di stringere i tempi: con l’appello al consiglio di Stato,
infatti, l’ateneo chiederà una decretazione d’urgenza. L’obbiettivo è
quello di riuscire a forzare la mano e fare i test per l’accesso ai
corsi, i cui iscritti sono più di 4.300, in questo anno accademico.
Intanto il destino delle aspiranti matricole è sospeso. «Si è creata una
situazione paradossale – commenta il rettore dell’ateneo Gianluca Vago –
da una parte abbiamo un decreto ministeriale che ci chiede di stare
dentro i parametri, dall’altro il Tar che ci impedisce di regolare il
numero di studenti. Di fatto è una sorta di commissariamento, così le
università non sono in grado di decidere la propria strategia, mentre
dovremmo avere autonomia».
Ed è proprio questo il punto. «Ora ci
vuole un chiarimento legislativo », reclama il presidente della Crui
Gaetano Manfredi, rettore della Federico II a Napoli. «L’obiettivo dei
rettori è fornire un’offerta allargata, ma esistono criteri molto severi
di accreditamento dei corsi, proprio per evitare studenti seduti per
terra nelle aule e senza professori. Ne abbiamo persi il 20% negli
ultimi otto anni, ne abbiamo un terzo della Germania. Il dibattito
allora non deve essere ideologico: l’Italia ha bisogno di più laureati.
Ma non dobbiamo ingannare gli studenti: non diamo un pezzo di carta, ma
una formazione di qualità. E per farlo ci vogliono investimenti. Se si
vuole allargare la platea occorrono infrastrutture e risorse umane».
In
Italia i corsi a numero programmato decisi dagli atenei, soprattutto a
economia e ingegneria, ma ci sono casi anche nelle discipline
umanistiche a Trento, Roma Tre e Pisa, sono aumentati in virtù di
criteri più severi per la loro sostenibilità. Alla Statale e alla
Bicocca sono passati da 73 a 92 dal 2012 al 2016. A Bologna da 56 a 107
dal 2012 ad oggi: un corso su due non è a libero accesso. Sbarramenti
(solo quelli a livello locale) ora a rischio.