Repubblica 29.9.17
Perché perde la sinistra
di Nadia Urbinati
HO
LETTO una massima sul video di un taxi: “Ogni movimento comincia con
un’idea”. E, si potrebbe aggiungere, “declina insieme al declino
dell’idea”. Questa massima sembra perfetta per illustrare il fallimento
del partito socialdemocratico alle elezioni tedesche, un partito che ha
smarrito l’idea che lo qualificava e lo rendeva riconoscibile a chi è
anziano come a chi è giovane, perché sedimentata abbastanza da essere
memoria condivisa: l’idea di eguaglianza e di giustizia nella libertà.
Parole
semplici e impegnative, che fanno immediatamente capire da che parte
sta la sinistra. E che non sono astratte e inservibili. Se è vero che
sono riuscite a unire e convincere milioni di persone nel corso dei
decenni, e a concretizzarsi in decisioni politiche e nella vita
quotidiana di ognuno di noi. E se è vero che i partiti che le
rappresentavano sono retrocessi, a volte tragicamente, quando le hanno
lasciate cadere, annacquandole con idee di esclusione nazionalista o con
un’idea della libertà economica totalizzante al punto da monopolizzare
ogni altra libertà.
I partiti di sinistra sono in ritirata in
tutti i paesi europei. Falliscono di fronte ad un’opinione pubblica che è
preoccupata per il lavoro che spesso non c’è o è precario, pensando di
risolvere questa preoccupazione con la chiusura delle frontiere o con la
cancellazione dei diritti del lavoro. Questa strada la possono
percorrere i partiti e i movimenti di destra, e mostrano di saperlo fare
con determinazione. Una determinazione che manca dall’altra parte, per
incertezza nelle convizioni e per l’idea, che si dimostra ogni volta
sbagliata, che facendosi simili all’emergente destra si può vincere. È
un calcolo errato proprio perché il movimento variegato della sinistra
ha un’identità ideale diversa da quella delle destre; e le imitazioni
vengono riconosciute a pelle, non ingannano. Se l’imitazione non riesce
la ragione sta nel fatto che esistono identità politiche diverse, e
questa diversità deve emergere bene. Come l’andare a destra non paga,
anche l’inseguire il centro ha il fiato corto e alla lunga indebolisce.
La Spd non ha tenuto il centro e ha perso sulle questioni sociali che
sono state intercettate dalla politica della paura. Ha dimostrato quel
che non si deve fare.
Le destre fasciste e xenofobe — poiché
questa è oggi la destra, senza se e senza ma — acquistano forza (aiutate
anche dal sensazionalismo con il quale i media tradizionali pensano di
competere con i social) facendo leva sulla paura: in uno scenario
globalizzato, con sovranità nazionali impotenti e con le crescenti
diseguaglianze degli uguali (di “noi”) che ossigenano la paura e fanno
costruire barriere di filo spinato.
Di fronte a tutto questo
occorre che la sinistra si proponga come un’alternativa credibile alla
destra, e alle sue varie diramazioni piú o meno radicali o populiste. La
credibilità si conquista su questioni fondamentali su cui la destra non
ha nulla da dire. Chiarezza su eguaglianza e su diritti.
Poiché è
un fatto che le democrazie del dopoguerra hanno creato società piú
giuste e aperte — che decadono se diventano ingiuste e chiuse. Non vi è
confusione qui. Per difendere la democrazia occorre riandare ai
principi, ai fondamenti. E se nel dopoguerra la condizione per fare
attecchire quei fondamenti fu la costruzione di democrazie
costituzionali e pluraliste, oggi quegli stessi fondamenti richiedono la
costruzione di un’Europa politica che abbia quelle stesse
caratteristiche democratiche e che possa fronteggiare la
globalizzazione; che metta in circolo politiche e risorse per un governo
democratico delle frontiere regolandone i flussi e non chiudendole, e
per un welfare che si basi comunque sul lavoro e l’eguaglianza, non
sulla carità.
Ogni movimento nasce da un’idea e la sinistra è nata
per difendere la dignità e la libertà di coloro che non hanno e nemmeno
vogliono privilegi. La destra non può promettere questo. Perché l’idea
che la muove non è né l’eguaglianza né la giustizia. Può solo renderci
tutti piú paurosi e rancorosi e quindi piú tristi e miseri.