Repubblica 29.9.17
Via al congresso mondiale a Chengdu dove la tradizione gastronomica rivive tra ecovillaggi e fattorie biologiche
Slow Food va in Cina “Mangiate meglio per salvare il pianeta”
di Carlo Petrini
CHENGDU
(CINA) NEGLI ultimi quindici anni l’attenzione alle tematiche
dell’alimentazione ha assunto una rilevanza inimmaginabile anche per
chi, come Slow Food, si occupa di cibo da oltre trent’anni. Sempre più
chiaramente è emerso il nesso tra la maniera in cui produciamo,
distribuiamo e consumiamo il cibo e le enormi questioni che riguardano
le risorse finite del pianeta, il loro utilizzo, la loro disponibilità
per le generazioni che verranno dopo di noi. Da questo punto di vista il
sistema alimentare è nello stesso tempo carnefice e vittima. Carnefice
perché, secondo gli studi più recenti, produce dal 21 al 24% delle
emissioni di gas serra e risulta quindi il comparto che ha l’impatto
maggiore sul cambiamento climatico (basti pensare che i trasporti, tutti
insieme, arrivano al 14%) mentre tra l’altro consuma più del 70% delle
risorse idriche complessive. E anche vittima, perché il cambiamento
climatico e la pressione sui suoli fertili mette in crisi la stessa
possibilità di coltivare in futuro in alcune aree del pianeta, con
colture che devono essere “spostate” più a nord o a quote più alte per
mantenere la stessa produttività.
Con la popolazione mondiale che
cresce (nel 2050 saremo 9,5 miliardi di esseri umani sul pianeta), la
sfida di una gestione ragionata delle risorse è perciò ineludibile a
ogni latitudine. Certamente uno dei paesi in cui si giocherà questa
sfida in maniera più evidente è la Cina, che dopo 15 anni di crescita
economica potentissima fa i conti con la necessità di sfamare un quinto
della popolazione del pianeta a fronte della disponibilità del 7% della
terra arabile. Non solo, ma il forte sviluppo industriale ha portato a
uno spopolamento drammatico delle campagne con la formazione di
megalopoli difficili da gestire, congestionate e inquinate. Non è un
caso che il governo stia concentrando molte energie su questa che sarà
la questione centrale dei prossimi anni. Pochi giorni fa China Daily, il
giornale nazionale in lingua inglese, riportava emblematicamente due
pagine vicine: in una si descriveva il trend, in allarmante crescita,
dei bambini e ragazzi sovrappeso o obesi (già oggi i bambini obesi sono
15,3 milioni, una cifra impressionante anche per le proporzioni cinesi).
Nella pagina accanto, si riportava il dibattito relativo al prossimo
congresso del Partito Comunista Cinese a metà ottobre. Al centro del
nuovo programma ci sarà l’energia verde, su cui la Cina ha già fatto
passi da gigante e su cui intende continuare con ancora maggiore spinta.
Questa casualità di due notizie vicine rende bene l’idea della posta in
gioco e anche della nuova sensibilità delle istituzioni e dei cittadini
cinesi rispetto a queste questioni. Anche da qui deriva la scelta di
Slow Food di svolgere il proprio congresso mondiale proprio a Chengdu,
capitale della provincia del Sichuan, città dalla millenaria tradizione
gastronomica e culla di alcuni recenti tentativi di invertire la
tendenza dell’abbandono dei campi. Qui stanno nascendo rapidamente
cooperative agricole moderne, fattorie ecologiche, ecovillaggi ed
esperienze di agricoltura biologica. Il Movimento di Ricostruzione
Rurale, di cui Slow Food è alleato e partner, nato in seno
all’università e attivo in tutto il paese, è uno dei principali motori
di questa svolta che, come tutto in Cina, avviene a ritmi
impressionanti.
Il percorso è iniziato e, anche se sarà lungo e
complicato, non è pensabile non fare di tutto per portarlo a termine,
non solo in Cina ma ovunque. La perdita di biodiversità registrata negli
ultimi 120 anni (75%), insieme al continuo impoverimento dei suoli
dovuto all’eccessivo utilizzo di chimica di sintesi in agricoltura,
impone a tutti di rivedere il modello. In questo senso Slow Food Cina
sta diventando un interlocutore importante per promuovere un’alternativa
credibile e solida, che permetta un nuovo benessere nelle campagne, con
prospettive per i giovani che non devono essere condannati a fare la
vita grama dei contadini del passato. Oggi bisogna pensare a produrre
meglio e non di più, perché ogni anno abbiamo già a disposizione cibo
per 12 miliardi di esseri umani.
Su questo stiamo puntando
l’attenzione in questi giorni di Congresso, così come sulla necessità di
costruire alleanze e sinergie con altre associazioni, organizzazioni,
istituzioni che lavorano nella stessa direzione. A cui, ovviamente, si
aggiunge il ruolo dei cittadini. Senza la consapevolezza dei consumatori
non è possibile alcun cambiamento vero. L’educazione, perciò, ha uno
spazio cruciale e per questo dobbiamo costruire nuove modalità di
accesso alla conoscenza. Serve abbattere il muro che separa le
conoscenze tradizionali, proprie delle civiltà contadine, dal sapere
accademico delle istituzioni universitarie. Dobbiamo ricostruire questo
legame e questo dialogo perché da qui passa molto del futuro nostro e
dei nostri figli. Mai come oggi la Cina è vicina.