venerdì 29 settembre 2017

La Stampa 29.9.17
La rinascita del cibo nella Cina rurale
di Carlo Petrini

Per parlare sensatamente di cibo dobbiamo saperci muovere nel tempo: bisogna necessariamente guardare a come il modo di alimentarsi delle persone e delle comunità ne abbia plasmato nei secoli identità, ritualità, rapporto con il territorio, socialità, costruzione di relazioni e simbologie. Solo avendo questo approccio allargato e profondo saremo in grado di osservare con uno sguardo lucido e informato la situazione attuale, cogliendone gli aspetti più controversi e innovativi.
Immaginando poi traiettorie di evoluzione di quella che è la pratica universale a tutti gli esseri viventi: nutrirsi. Giungeremo dunque inevitabilmente a un interrogativo profondo e ineludibile: come si sfamerà l’umanità del futuro? Come metteremo fine alle storture che oggi vediamo acuirsi e che poggiano saldamente su un sistema produttivo che, partendo dai beni di consumo, ha infine pervaso anche la sfera del cibo per arrivare, attraverso di esso, fino nel profondo del nostro stesso modo di pensare e di guardare al mondo?
Slow Food si occupa fin dalla sua nascita, nella seconda metà degli Anni 80, di cercare con la pratica quotidiana degli agricoltori, dei produttori e degli artigiani, con l’educazione, con la ricerca e lo studio, con l’attivismo a livello internazionale, di dare risposte a qualcuno di questi interrogativi. Lo stato di avanzamento di questo dibattito è al centro del Congresso Internazionale che si sta svolgendo in questi giorni a Chengdu, in Cina (paese che dopo 15 anni di crescita sfrenata ne sta oggi affrontando le contraddizioni sia sul piano ambientale che su quello alimentare), dove 500 delegati da 90 paesi provano a disegnare i destini del movimento per i prossimi anni, individuando priorità di azione e progettualità.
Due sono le parole chiave di questa assise, che sono le stesse che dovranno accompagnarci da qui in avanti: inclusività e apertura. L’esperienza della rete di Terra Madre ce lo ha fatto capire dal 2004 a oggi. Non possiamo pensare di incidere profondamente sul sistema alimentare restando soli, isolandoci sulle nostre posizioni e avendo paura di contaminarci, di mischiarci, di incrociare strade che non sono le nostre e di ascoltare voci che suonano diversamente. Se vogliamo sperare di essere realmente trasformativi non possiamo prescindere dal formare alleanze e reti, dal coinvolgere soggetti diversi su tematiche comuni. E’ ora di consentire alle idee giuste di camminare anche su gambe altrui, proprio perché le nostre sono spesso stanche e fragili.
Solo così un nuovo rapporto tra città e campagna, uno sviluppo rurale realmente inclusivo, una comunità di consumatori (meglio co-produttori) informati e consapevoli, un’agricoltura pulita e rigenerativa nei confronti delle risorse ambientali e della biodiversità, il cambiamento climatico, il benessere animale, l’accesso a un cibo buono e giusto per tutti potranno diventare realtà e potranno regalarci un futuro degno e promettente per tutti. Essere attivisti del cibo oggi per Slow Food significa occuparsi di queste questioni e farlo insieme a tutti coloro che come noi credono che dal nodo del cibo passi molto dell’avvenire dell’umanità.
*Fondatore di Slow Food