Repubblica 29.9.17
L’amore è davvero cieco così il cervello si spegne e la scienza non lo sa spiegare
di Massimo Ammaniti
Un
saggio di Grazia Attili indaga le basi biologiche del sentimento più
grande e misterioso. Studi ed esperimenti confermano le intuizioni dei
poeti, ma non rispondono alla domanda cruciale: come accade?
Consapevole
di quanto l’amore plasmasse la vita quotidiana nel mondo occidentale,
ma anche in altre culture, Sigmund Freud scrisse parole illuminanti in
un suo saggio del 1915: «Indubbiamente l’amore fra i sessi è una delle
cose più importanti della vita, e l’unione del soddisfacimento
spirituale e fisico che si attinge nel godimento d’amore ne rappresenta
precisamente uno dei vertici. Soltanto nella scienza si ha ritegno ad
ammetterlo ».
È passato da allora più di un secolo ma la
complessità dell’esperienza amorosa è ancora oggi difficile da
decodificare in campo scientifico perché vi è un ritegno, più che
comprensibile, ad entrare nell’intimità della vita individuale, ma anche
a tradurre questo sentimento in un linguaggio troppo distante da quello
che usano gli innamorati. Ma l’amore non è solo quello del batticuore e
del desiderio che si prova per la persona che si ama, anche il corpo e
lo stesso cervello ne sono coinvolti, come viene raccontato nel libro Il
cervello in amore (il Mulino, pag. 230) dalla psicologa e docente
universitaria Grazia Attili. Già in altri suoi libri Attili aveva
esplorato l’esperienza amorosa in una chiave evoluzionistica mettendo in
luce come l’amore dei genitori per i figli, ma anche fra partner
sentimentali comporti l’attivazione di circuiti cerebrali che sostengono
la relazione affettiva favorendo la propagazione delle specificità
genetiche alle generazioni successive e la stessa sopravvivenza della
specie umana. In questo nuovo libro esplora ulteriormente le basi
biologiche dell’amore sentimentale con un’attenta revisione delle nuove
scoperte nel campo dei neurormoni. Quando si pensa alla persona che si
ama e ancora di più quando si è con lei si verifica nel cervello una
tempesta ormonale, di cui la dopamina è la grande protagonista. Nel viso
e negli occhi della persona innamorata si coglie il piacere che sta
vivendo, ma che a volte suscita pensieri così insistenti da divenire
travolgenti, quasi ossessivi.
Non può non ritornare in mente la
tragica figura di Francesca da Rimini, che Dante incontra all’Inferno e
che racconta il turbine da cui è stata travolta: «Amor che a’nullo amato
amar perdona mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor
non m’abbandona». Ma il confine fra passione e innamoramento e delirio
amoroso a volte può sfumare. Come per esempio nel film di François
Truffaut Adele H., in cui la protagonista, la secondogenita di Victor
Hugo, si innamora di un ufficiale inglese e lo insegue in Canada
nonostante il divieto paterno, fino a perdere il senno.
Ma che
cos’è che fa scivolare l’amore in un’ossessione che fa perdere il senso
della realtà? A questo interrogativo cerca di rispondere il libro di
Grazia Attili: nell’amore sentimentale, come hanno messo in luce le
ricerche che hanno studiato il cervello delle persone innamorate
utilizzando la risonanza magnetica, si verificano grandi cambiamenti. Le
aree connesse alla sensazione di piacere e di euforia si attivano
fortemente, ad esempio quando si guarda la foto della persona che si
ama, mentre si disattivano le aree cerebrali connesse al riconoscimento
delle emozioni negative e alla cognizione sociale. In altre parole gli
studi confermano il detto “l’amore è cieco” proprio perché si verifica
una specie di cecità mentale che compromette il riconoscimento delle
qualità meno attraenti della persona che si ama.
È più che mai
vero quello che scrisse Freud: artisti, poeti e scrittori hanno saputo
raccontare le esperienze umane anticipando anche di molti secoli quello
che la scienza ha cercato di scoprire molto dopo. Ma nel caso dell’amore
la scienza sta compiendo i primi passi e ancora oggi non è in grado di
spiegarne l’enigma: perché ci innamoriamo, perché succede proprio in un
determinato momento della vita, perché siamo attratti da quella persona,
ma anche perché può finire.
È la Francesca di Dante il simbolo tragico della forza sprigionata dalle nostre passioni