il manifesto 29.9.17
Libere di scegliere sul nostro corpo: sit-in in varie città e corteo a Roma
Non
Una di Meno. Giornata mondiale per l'aborto libero e sicuro, nella
capitale manifestazione anche contro le ricette antistupro che
colpevolizzano donne e migranti
di Rachele Gonnelli
Molti
presidi di donne davanti agli ospedali di varie città, da Firenze alla
Sicilia, a Lecce, a Brindisi, ieri, per la Giornata per l’aborto libero e
sicuro lanciata dal movimento femminista argentino Ni Una Menos a
livello mondiale.
A Roma il comitato della rete Non Una di Meno ha
organizzato, oltre a un presidio in mattinata davanti al Policlinico
Umberto I – sempre contro i troppi ginecologi obiettori e per l’utilizzo
della pillola abortiva Ru486 – anche un corteo. O meglio, un sit-in in
piazza dell’Esquilino che in serata si è trasformato in un piccolo
corteo – tollerato dalla polizia – fino a piazza Vittorio.
CARTELLI
E TAMBURI hanno accompagnato la manifestazione romana che, oltre alla
libertà di scelta per quanto riguarda l’interruzione volontaria di
gravidanza, si è caratterizzata per una rivendicazione più a tutto tondo
sul corpo delle donne. E quindi «contro tutte le risposte securitarie
che a Roma ci vogliono propinare dalle varie autorità come soluzioni
antistupro», spiega Sara, dai militari a cavallo nei parchi, al
vademecum pubblicato dal quotidiano il Messaggero, contro il quale c’è
già stato un sit-in di protesta specifico la scorsa settimana. «Vogliono
colpevolizzare le donne per come si vestono e gli immigrati – spiega
ancora Sara – nascondendo che l’80 per cento delle violenze sessuali
accadono tra le mura domestiche».
LE FEMMINISTE ROMANE non ci
stanno e insistono a dire, dal camion-palco della manifestazione, negli
slogan gridati e sui cartelli che «le strade sicure le fanno le donne
che le attraversano», contro tutti quelli che vorrebbero invece
rinchiuderle in casa o messe sotto scorta e sotto tutela. E infatti
scrivono anche «Le strade libere non le fanno i militari, i taxi o i
lampioni», e anche, con evidente riferimento ai carabinieri di Firenze:
«Dopo una sbronza mi aspetto un mal di testa non uno stupro».
SUI
SAMPIETRINI dietro la Basilica di Santa Maria Maggiore le ragazze più
giovani sono le più diffidenti con i giornalisti, temono di essere
strumentalizzate. Ma un grappolo di studentesse del liceo Tasso accetta
di parlare, collettivamente e senza nomi. Hanno 17 anni, al quarto anno,
di varie sezioni, e non si sono riunite in collettivo o in assemblea
«perché nel nostro liceo non è molto possibile», dicono. Hanno iniziato a
parlare tra loro a partire dalle lezioni di un comune professore di
filosofia. «Dice di essere dalla nostra parte – spiegano – ma in realtà
molte sue lezioni sono solo propaganda di un maschilismo soft, ci dice
di non girare di notte con le gambe nude, perché altrimenti “ve la siete
cercata”, per lui niente cambierà mai, il femminismo è solo speculare
al maschilismo, che invece è sbagliatissimo, e certi ruoli sono
cementati dalla tradizione, per cui immutabili. Alla fine non fa che
dare spazio a discorsi razzisti sugli immigrati e non dice i dati veri,
siamo dovute andarli a cercare ma neanche i giornali li chiariscono».
È
GIOIOSO il corteo romano e mescolati tra le tante donne ci sono anche
uomini, di varia età. «Se ce ne sono di più è perché le nostre donne
stanno facendo un percorso anche con loro, e questo è un successo»,
sostiene Simona di Non Una di Meno. Ma le ragazze del Tasso sostengono
che «sono le donne che dovrebbero essere più partecipi su ciò che le
riguarda direttamente».
NON SI VEDONO INVECE cartelli del tipo «la
194 non si tocca», che invece contrassegnavano i presidi davanti agli
ospedali pugliesi, dove l’obiezione di coscienza nei reparti Ivg
raggiunge punte dell’89 per cento. Non che nel Lazio la situazione sia
tanto migliore: al Policlinico a fare gli aborti ci sono solo medici
assunti a tempo determinato. E anche le sale parto sono insufficienti.