Repubblica 23.9.17
Carlotta Sami.
La portavoce dell’Onu per i rifugiati: l’ultima tragedia dimostra che soltanto aprire vie legali ferma le stragi
“Uno scandalo europeo il barcone di migranti alla deriva per 7 giorni”
di Alessandra Ziniti
Viaggi Nel Terrore
«Abbiamo
verificato anche noi. Quella barca con i suoi cento dispersi è rimasta
alla deriva una settimana. Un orrore devastante». Carlotta Sami,
portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, esprime
tutta la sua emozione per l’ultima tragedia del mare sulla rotta libica.
Sami,
cento morti pesano sugli accordi che hanno portato a una diminuzione
delle partenze, ma anche a un disimpegno delle navi delle ong?
«È
un evento tragico. Noi abbiamo il massimo rispetto per le decisioni
delle ong, se hanno lasciato quell’area vuol dire che hanno ritenuto non
ci fossero più le condizioni per restare. Questo evento così drammatico
ci dice che non si deve abbassare la guardia perché i flussi sono
imprevedibili, in Libia ci sono decine di migliaia di persone che
vogliono solo partire».
E che invece rischiano di rimanere
intrappolate nei centri di detenzione, visto che gli accordi con il
governo di Al Serraji sembrano essere riusciti a frenare le partenze.
«Intanto
vorrei dire che qualsiasi accordo che abbia il solo scopo di frenare i
flussi non è sostenibile nel tempo, perché il network dei trafficanti
trova sempre vie alternative. La gente in questo momento è intrappolata
in Libia semplicemente perché continua ad arrivare. E allora bisogna
salvare la vita di chi è già lì, ma per evitare le partenze bisogna
lavorare nei Paesi di origine di migranti e rifugiati e far sì che
possano entrare in Europa per le vie legali».
Ma sulla strada dei corridoi umanitari fino ad ora l’Europa ha sempre nicchiato.
«È
l’unica percorribile. Abbiamo richiesto all’Europa di accogliere, con
canali legali, 40 mila persone dall’Africa, e di facilitare i meccanismi
per il ricongiungimento delle famiglie. Nel recente incontro di Parigi,
ma anche dalla cancelliera Merkel, abbiamo ottenuto l’assicurazione che
Germania, Francia e Italia si impegneranno a sostenere il nostro lavoro
in questo senso, ma l’impegno deve diventare concreto. Nel Corno
d’Africa, in Libia, in Egitto, ci sono almeno 360 mila persone in
situazioni di alta vulnerabilità. Se non riusciamo a farli arrivare in
Europa con i corridoi umanitari rischiamo di farli finire nelle mani dei
trafficanti».
La vostra proposta parte dal presupposto che
l’Europa voglia accogliere tutta questa gente mentre le strategie che i
governi mettono in campo mirano nettamente a una diminuzione dei flussi
«L’Europa deve capire che, se anche i numeri si riducono, nessuna rotta
può essere chiusa senza prevedere vie legali, anche perché chi varca
confini per chiedere asilo non commette alcun reato. Il nostro non è un
punto di vista ideologico, ma si basa sul diritto internazionale. La
Costituzione italiana prevede il diritto d’asilo e nessun Paese può
venire meno alla convenzione di Ginevra ».
C’è grande
preoccupazione per le condizioni dei migranti soccorsi dalla guardia
costiera libica e riportati nei centri di detenzione. Qual è la
situazione lì?
«Noi lavoriamo in Libia dal 1991. L’ Alto
commissario, in visita nei centri di detenzione a maggio, ha rilevato
una situazione drammatica. Noi ci opponiamo nettamente alla detenzione,
abbiamo accesso ai 29 centri della Libia occidentale e ai 14 di quella
orientale e posso assicurare che non è facile neanche parlare con le
persone detenute, oltre cinquemila, alle quali forniamo assistenza
medica e documenti e per le quali cerchiamo di negoziare la libertà.
Siamo già riusciti a ottenere la liberazione di oltre mille persone in
18 mesi, le più fragili, ma adesso abbiamo bisogno di aprire un centro
di accoglienza per chi è rimesso in libertà. La nostra missione in Libia
è questa: salvare vite e alleviare sofferenze cercando alternative alla
detenzione e soluzioni per i rifugiati».
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“I trafficanti sono più veloci di qualsiasi blocco. La Ue accolga subito 40mila persone”
FOTO: © MATHIEU WILLCOCKS/ MOAS
A
sinistra, migranti eritrei stipati nella stiva di una piccola
imbarcazione di legno soccorsa nel Mediterraneo. A sinistra, Carlotta
Sami, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati