Repubblica 23.9.17
L’intervista.
Il regista dirigerà la serie televisiva “Esterno notte”
Marco Bellocchio e il caso Moro “Racconto la furia di brigatisti disumani”
di Arianna Finos
ROMA
«Ci pensavo da tempo, ma l’intenzione è stata sollecitata dal
bell’articolo su Repubblica con la magnifica foto di Aldo Moro in giacca
e cravatta tra i bagnanti a Maccarese, immagine che sintetizza l’Italia
di allora». L’intenzione di Marco Bellocchio è di girare la sua prima
serie televisiva, Esterno notte, sul sequestro di Moro, «un’idea seria e
concreta che ancora non ha padrini o produttori».
Dopo il film su
Buscetta Il traditore («inizieremo le riprese in primavera»),
Bellocchio punta alla serie che sarà «una sorta di controcampo rispetto a
Buongiorno, notte: quel film era ambientato dentro la prigione di Moro,
questo all’esterno». L’idea è partire dalla strage e dal sequestro, per
poi tornare nella prigione solo nell’epilogo tragico. «Durante questi
55 giorni saremo sempre fuori, con un’infinità di personaggi, anche
grotteschi e tragici. I familiari, i preti, il papa, i brigatisti in
prigione e fuori, le forze dell’ordine, i servizi segreti». Spiega,
Bellocchio: «Saranno le storie, più private che pubbliche, di chi
cercava di salvare Moro e chi invece faceva solo finta, dei tentativi di
ingerenza mafiosa, di Cossiga che nella disperazione cerca la
consulenza di indovini all’estero ». E poi il grande teatro mediatico:
milioni di spettatori televisivi, i giornali aumentano le tirature.
Pronostici, preghiere, gli appelli a San Pietro «per la vita di chi,
come Cristo, doveva morire perché nulla cambiasse nella politica e nella
mente degli italiani».
La forma giusta di Esterno notte è quella
della serie: «Non seguo la moda, né cerco di acchiappare un lavoro. Ma
questi 55 giorni del sequestro hanno bisogno di una scansione narrativa
che non può essere contenuta in un film». «Pur essendo vecchietto —
sorride Bellocchio, 77 anni — guardo le serie, senza esserne un
divoratore. So che l’estetica della serie non è semplicemente una
dilatazione del cinematografo e poiché mi piacciono le sfide nuove,
voglio provarci». Ovviamente, a modo suo, «la mia serie sarà l’esatto
contrario di un film come
Il caso Moro del compianto Giuseppe
Ferrara, nel senso che ci potranno essere intrighi, ma la serie seguirà
soprattutto il mio stile e la mia fantasia».
Mette in conto le
polemiche: «È chiaro che si affronteranno cose già toccate in
Buongiorno, notte: allora ci furono reazioni entusiastiche, ma anche
critiche di chi rivendicava ideologicamente una serie di ragioni, che io
trovavo folli, da parte dei brigatisti. Fui anche attaccato da sinistra
perché i brigatisti “non dovevano essere trattati come imbecilli”. In
realtà erano trattati come pazzi pericolosi, che è diverso».
Le
serie che piacciono allo spettatore selettivo Bellocchio: «Di recente
Big little lies, con Nicole Kidman, le tre stagioni di Fargo: c’è una
capacità di sceneggiatura e una regia forte, non si tratta semplicemente
di mettere insieme delle immagini. Penso anche alle sei puntate di La
meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, che era un’idea originale. E
devo dire che, pur nella sua esuberanza, ho trovato piuttosto originale
The
Young Pope. Sorrentino, rispettando anche le regole dalla serie, è
riuscito ad esprimersi con il proprio stile, la propria visione. Spesso,
senza fare nomi, ci sono serie soprattutto italiane in cui i registi
sono interscambiabili. Mi piace l’idea di poter fare una serie non tanto
per dire “sono l’autore”, ma per dare a questa nuova forma di
rappresentazione la massima originalità».
Marco Bellocchio spiega
la fascinazione personale che lo spinge a tornare sulla figura di Moro:
«Prima di tutto è una riconciliazione con mio padre, a cui infatti
dedicai il film. Non che io lo abbia contrastato, ma mi sembrava molto
distante», racconta l’autore di I pugni in tasca. «Con il passare del
tempo ho capito, se non di somigliarli, almeno di riconoscergli qualità
di attenzione e protezione umane di cui non mi ero accorto in gioventù.
Non condivido la sua moderazione conservatrice: pur essendo ormai un
pacifico anarchico sono sempre un po’ contro il padre, l’autorità
oppressiva. Ma, come in Buongiorno, notte, per me si tratta di
riconoscere la follia disumana di coloro che in nome di un’idea, che poi
si è dimostrata fasulla e assurda, si permettono di ammazzare delle
persone a freddo. Questo era al centro di Buongiorno, notte, in questo
senso era la ricerca, attraverso la passeggiata finale di Moro e la
presa di consapevolezza della “carceriera”, una falsificazione della
storia che mi è stata rimproverata da tanti ideologi del cavolo». Non
abbastanza da impedirgli di rilanciare, ora, la serie: «Se un argomento
si ripete nella tua mente significa che devi seguirlo. Io voglio tornare
a parlare di Moro, in una forma nuova, con tante novità».