Il Fatto 23.9.17
“Il brigatista che rapì Moro ha collaborato con i Servizi”
Rivelazioni
- Valerio Morucci, che fece da “postino” durante la prigionia, nel 1990
preparò per il Sisde un rapporto sulle lettere del presidente Dc
Gli ex brigatisti Adriana Faranda e Valerio Morucci, tra i responsabili del sequestro Moro
Il generale Mario Mori, generale dell’Arma e poi capo del Sisde – Ansa
di Gianni Barbacetto
Brigatisti
rossi e 007: Valerio Morucci, capo della colonna romana delle Br, è
stato un collaboratore del Sisde, il servizio segreto civile. La notizia
è emersa nel corso delle audizioni, davanti alla Commissione Moro, di
Adriana Faranda, brigatista e compagna di Morucci. È stato il presidente
della commissione parlamentare, Giuseppe Fioroni, a riferire, nelle sue
domande a Faranda, “che il Sisde, con cui Valerio Morucci collaborava a
quel tempo, gli chiese che cosa pensasse del ritrovamento in via Monte
Nevoso delle fotocopie del memoriale Moro, nel 1990”. Stupita la
risposta di Faranda: “Valerio collaborava con il Sisde? È una cosa che
detta così mi lascia sgomenta. Forse gli avranno chiesto una
consulenza”.
Secondo quanto risulta al Fatto, i membri della
Commissione Moro hanno effettivamente potuto prendere visione di un
documento che prova la collaborazione di Morucci con il Sisde: è il
rapporto, da lui stilato per il servizio nel novembre 1990, sul
memoriale Moro che era appena stato ritrovato in un appartamento delle
Br in via Monte Nevoso a Milano.
Chi ha potuto leggerlo lo
definisce una consulenza molto tecnica, sviluppata in modo serio ed
esaustivo, che non aggiunge fatti nuovi sul sequestro del presidente
della Democrazia cristiana, ma sviluppa un ragionamento sulla sorte
degli originali del memoriale Moro, mai trovati. Morucci aveva avuto un
ruolo militare importante nell’azione di via Fani, il 16 marzo 1978,
quando Moro era stato sequestrato dal commando Br: è lui che con una
mitraglietta spara all’autista del presidente, l’appuntato Domenico
Ricci, e al caposcorta, il maresciallo Oreste Leonardi. Poi, durante i
55 giorni della sua prigionia, Morucci si limita a fare da “postino”
delle lettere di Moro: 36, ripete più volte nel suo rapporto, mentre
quelle note finora sono solo 28.
Il Sisde nel 1990 era diretto dal
prefetto ed ex vicecomandante operativo del Ros carabinieri, Mario
Mori. In quell’anno Morucci era detenuto in carcere e già dissociato
dalla lotta armata. Sarà scarcerato quattro anni dopo, nel 1994. Il
documento messo a disposizione della Commissione Moro prova che nel 1990
il Sisde ha chiesto una consulenza a Morucci e lui l’ha realizzata. Di
più, da quel solo documento non è possibile ricavare: non possiamo
ancora sapere se è stato un contributo unico o se faceva parte di una
collaborazione continuata e organica. In questo secondo caso, non
sappiamo quando la collaborazione potrebbe essere iniziata (nel 1990 o
prima?), fino a quando è durata, su quali contenuti si è sviluppata e
con quali forme di compenso (in denaro o in trattamento carcerario?).
Secondo quanto riferito da Fioroni in Commissione Moro, “Morucci,
parlando in qualità di collaboratore del Sisde, si disse non sicuro che
Gallinari avesse distrutto gli originali delle lettere e dei documenti
di Moro. Morucci non vedeva ragione per distruggere quelle carte”.
Il
cosiddetto memoriale Moro è infatti l’insieme delle dichiarazioni e
degli appunti del presidente della Dc durante i 55 giorni della sua
prigionia nel “carcere” delle Brigate rosse. Una parte del memoriale, di
una cinquantina di pagine trascritte a macchina dai brigatisti, fu
ritrovata nell’ottobre 1978 nell’appartamento di via Monte Nevoso. Nel
1990, durante la ristrutturazione dello stesso appartamento, gli operai
trovarono casualmente, dietro un pannello sotto una finestra, 229 pagine
fotocopiate degli appunti manoscritti di Moro. Gli originali, invece,
secondo alcuni brigatisti sarebbero stati bruciati da Prospero Gallinari
in un casale di Moiano, in Umbria. Effettivamente alcuni documenti,
ritenuti inutili, furono da lui distrutti, ma è improbabile che tra
questi ci fossero anche i quaderni scritti a mano da Moro. Non c’era
ragione alcuna, infatti, per distruggere gli originali e conservare la
fotocopia.
Lo stupore mostrato da Adriana Faranda a proposito
della collaborazione di Morucci sembra essere in parziale contraddizione
con il fatto che la stessa Faranda abbia ammesso di essere stata
contattata dal Sisde. Replicando a una domanda della Commissione, la
brigatista ha infatti risposto: “Imposimato mi fece incontrare due
funzionari del Sisde, ma io rifiutai di proseguire il rapporto. Uno di
loro mi disse che aveva fatto perquisire casa mia”. Ferdinando
Imposimato è stato dapprima magistrato (e come giudice istruttore si è
occupato anche del sequestro Moro), poi dal 1987 è stato parlamentare
eletto nelle liste del Pci e del Pds. In entrambi i ruoli, è perlomeno
irrituale che abbia fatto da intermediario tra servizi segreti e
brigatisti.