Repubblica 1.9.17
Giuliano Pisapia
L’intervento
dell’ex sindaco di Milano: “Serve un nuovo progetto per il Paese:
mettiamo al centro concretezza e lotta alle disuguaglianze”
Il Pd rischia di perdersi e la sinistra è all’angolo Ripartiamo dallo Ius soli
Il nostro progetto è contrastare le destre e il Movimento Cinque Stelle cercando di arginare la deriva xenofoba
CARO
DIRETTORE, non è una piccola cosa: l’approvazione dello Ius soli
sarebbe un atto di civiltà contro la resa allo spirito dei tempi. Una
risposta non rassegnata al disorientamento e alla paura. La prova che
siamo capaci di riprendere quell’egemonia culturale che la sinistra,
l’associazionismo laico e cattolico, il civismo e la tradizione
liberale, sembrano avere smarrito. Per questo lo Ius soli è una grande
cosa. Per questo è da qui che vogliamo partire.
Noi vogliamo
connettere le diversità per la costruzione di una proposta politica
limpidamente di centrosinistra. C’è chi invece sembra più interessato a
dividere, a spaccare la mela in due e poi ancora in spicchi sempre più
piccoli. Appare evidente la continua frammentazione tra chi si propone
di perdere e chi si candida a perdersi. La sinistra minoritaria sceglie
di adagiarsi sulla sconfitta, mentre l’attuale Pd sembra accettare di
perdersi. Quando si insiste su una legge elettorale sbagliata che
consegnerà l’Italia all’ingovernabilità o ad alleanze non votate, e non
volute dagli elettori, si privilegiano solo gli interessi di parte.
Lo
vogliamo dire con chiarezza, il nostro progetto è contrastare le destre
e i Cinque Stelle cercando di fare argine alla loro deriva xenofoba e
populista. Ma dobbiamo combattere sul terreno culturale, valoriale e
programmatico. Dobbiamo arginarli senza inseguirli. Ai tanti finiti
nell’astensione e nella disillusione proponiamo un progetto competitivo e
innovativo. Un Paese incapace di guardare con fiducia al presente e al
futuro e che preferisce la paura è il contrario di una comunità che
sceglie di uscirne salvaguardando sviluppo e convivenza civile. Vogliamo
rimettere insieme le persone che non si arrendono alla rissa, al
declino e alla narrazione senza fatti.
C’è bisogno di una
rivoluzione gentile, credibile, che non si nutra di nemici ma che provi a
spingere idee e passioni. Basta distruggere, è tempo di ricostruire.
Serve un progetto per il Paese. Vogliamo parlare della vita delle
persone, di chi sta peggio, del lavoro, del salario, dell’ambiente,
delle città, del divario tra nord e sud, delle discriminazioni di
genere, vorremmo parlare delle cose da fare. E, soprattutto, vogliamo
fare le cose di cui parliamo. Ho fatto il sindaco investendo su
concretezza e visione, innovazione e solidarietà. E Milano è oggi una
città più giusta e competitiva.
Questa esperienza vorrei metterla
al servizio del Paese. Quando parliamo di ispirazione ulivista
indichiamo la strada capace di mettere insieme le migliori energie.
Parliamo di vincere senza urlare. Di governare senza comandare. Di fare
squadra mettendo al centro l’interesse generale. C’è bisogno di
discontinuità per voltare pagina senza lasciare nessuno indietro. Le
disuguaglianze sono il cuore delle nostre preoccupazioni. Disuguaglianze
tra giovani e anziani, tra uomini e donne, tra nord e sud, tra
cittadini italiani, tra italiani e migranti, tra città, tra città e aree
interne.
La disuguaglianza va combattuta con proposte concrete,
economicamente sostenibili. Politiche fiscali basate sulla
progressività, politiche attive del lavoro, investimenti qualificati, un
piano di piccole opere per la manutenzione del territorio, il diritto
all’abitare, il rilancio massiccio della sanità e della scuola pubblica.
Perché la disuguaglianza è tornata ad insidiare persino la speranza di
vita. Così come la dispersione scolastica evidenzia tutte le nostre
fragilità. La disuguaglianza si ferma impedendo l’umiliazione del lavoro
e mettendo in campo anche forme ragionate di reddito minimo.
E
poi c’è il futuro da costruire. Economia della conoscenza, economia
circolare, cura dell’ambiente e del territorio, innovazione,
digitalizzazione, rigenerazione urbana, valorizzazione dei mestieri,
della straordinaria filiera enogastronomica e della biodiversità del
nostro paesaggio. Nella storia vanno cercate le chiavi che aprono le
porte degli anni a venire. Innovazione tecnologica e sburocratizzazione
come assi portanti di un nuovo modello di sviluppo. Il futuro ha anche a
che vedere con l’Europa. L’Europa, la sua democratizzazione, la civiltà
fondata sul welfare, rimane il nostro orizzonte necessario.
La
politica non può essere solo ferocia e carriera, deve tornare ad essere
un luogo di confronto e di sevizio. C’è bisogno di discontinuità, anche
generazionale, di politica come servizio e non come professione.
Personalmente sono impegnato e mi impegnerò per questo progetto, perché
lo ritengo giusto. Sarebbe bello tornare a parlare di politica anche
come impegno volontario, con generosità e allegria. Le cose non cambiano
con la rabbia o annichilendo le passioni. Le cose cambiano se si
affrontano insieme e se alludono anche al diritto di vivere con serenità
e poter guardare al futuro con fiducia.