Repubblica 16.9.17
La provocazione di un dirigente di Bologna “Usate lo smartphone, lo dice pure la ministra”
Il decalogo alla rovescia del preside ai suoi liceali “Copiate e non studiate”
di Ilaria Venturi
BOLOGNA.
«Cari ragazzi, considerate sempre i vostri docenti come nemici,
copiate, evitate di fare i compiti a casa, tanto fior di pedagogisti vi
dicono che sono inutili». E usate lo
smartphone «durante le noiose
ore di lezione, persino la ministra Fedeli ha detto che è consentito».
Non sono battute stampate sui diari più irriverenti, né scherzosi
suggerimenti che viaggiano sui social. Sono i consigli di un preside ai
suoi studenti all’avvio delle lezioni. Consigli al contrario,
ovviamente.
È Maurizio Lazzarini, dirigente del liceo scientifico
Fermi di Bologna, a proporre una nuova provocazione. L’anno scorso aveva
tirato le orecchie ai genitori dettando loro dieci mosse per mettere ko
la scuola. Un escamotage letterario per sollevare il problema del
rapporto sempre più conflittuale con le famiglie. Quest’anno si rivolge
agli studenti con un nuovo decalogo alla rovescia e la stessa ironia. Ma
un’avvertenza: «Se lo seguirete non farete fallire la scuola». Sarà
peggio: «Fallirete voi».
La chiave è la stessa e ruota intorno
all’idea di una scuola vissuta come un campo di battaglia. Padri e madri
contro i presidi. I loro figli contro i prof. Su tutto: voti, troppi o
pochi compiti, bocciature. «Ma se questo è l’atteggiamento sono i
ragazzi a farne le spese, più che la scuola. Per questo ho pensato
stavolta di rivolgermi a loro», osserva. Ieri Lazzarini ha consegnato
alle sue “matricole” la Costituzione e insieme ha anticipato,
recitandole davanti a 320 facce adolescenti e attonite, le dieci mosse,
postate poi nel sito del liceo per tutti i 1500 studenti, per vivere
l’esperienza tra i banchi. Sottintendendo, in modo sbagliato. Abituato
al rapporto stretto coi suoi ragazzi, tanto che dà a tutti il suo numero
di cellulare, Lazzarini ha così voluto scuoterli. «Il primo punto li
riassume tutti: considerare i prof come nemici. La parola è forte, ma
volevo farmi capire: siamo una comunità. Non devono esistere
controparti». Sulla valutazione si consumano i maggiori scontri. «Non
accettate voti e consegne, trattate fino allo sfinimento o vostro o dei
prof», è allora l’altro consiglio che il preside dà. Per poi spiegare:
«Chiedere ragione di un voto è un loro diritto, ma il voto non è frutto
di una negoziazione sindacale. Invece i ragazzi conoscono benissimo la
pragmatica della comunicazione, vanno continuamente alla trattativa e
con qualche insegnante funziona pure». Sempre al contrario, viene
suggerito dunque di «togliere valore al registro elettronico», di
«evitare il più possibile i colloqui dei genitori coi prof, tanto si sa,
non si capiscono ». Il capitolo studio tocca polemiche recenti. I
compiti a casa: «Tutt’al più copiateli la mattina stessa». In realtà
l’argomento è serio: «Da maestro alla primaria non ho mai dato compiti,
ma al liceo la rielaborazione individuale è necessaria». Con garbo
istituzionale, Lazzarini ironizza sullo sdoganamento dei cellulari in
classe: «Devono essere i docenti a decidere se e come usarli». Il resto
va a colpire antichi vizi: ritardi («la scuola è lunga, prendetevela con
comodo»), scopiazzature («durante le verifiche copiate le risposte») e
il ridursi all’ultimo («studiate solo il giorno prima delle verifiche,
se poi non siete pronti state a casa»). Il consiglio numero dieci ha
strappato applausi: «Quando non sapete più cosa dire, urlate: vado dal
preside!». Lazzarini sospira: «Magari coi ragazzi funziona». Invece come
è andata a finire coi genitori? No comment, scatta una risata.