giovedì 14 settembre 2017

Repubblica 14.9.17
L’asse tra Quirinale e Vaticano blinda la linea Gentiloni-Minniti
di Carmelo Lopapa Paolo Rodari

ROMA. Se non fosse irriverente, si parlerebbe di feeling. E anche consolidato. Non erano necessarie nemmeno le ultime uscite di Papa Francesco e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul fenomeno migranti, sulla gestione italiana e internazionale della crisi, per confermare una concordanza di vedute ormai sempre più ampia.
Integrazione, ma con ragionevole capacità di accoglienza, dice il capo dello Stato da Malta, quasi ricalcando per intero il solco tracciato dal Pontefice appena 48 ore prima, di ritorno dal viaggio apostolico in Colombia. Nessun cenno, volutamente, invece al tema dello ius soli, da parte di Mattarella. In nome del principio per cui se il Parlamento parla, il Quirinale tace, capitolo ancora scottante e irrisolto: piena libertà alle Camere.
Sul fenomeno migranti è la “linea della prudenza” a ispirare Francesco. Quella che, come ha detto il Papa, significa domandarsi prima di accogliere: «Quanti posti ho?» Quella che il presidente della Conferenza episcopale italiana Gualtiero Bassetti sintetizza nell’espressione «etica della responsabilità e rispetto della legge». Linea pienamente condivisa dal Colle. In occasione della storica visita del 10 giugno al Quirinale, il Papa aveva già ringraziato l’Italia per quanto sta facendo per gestire la crisi, sottolineando come «poche Nazioni non possono farsene carico interamente » e invocando maggiore cooperazione internazionale.
Da quella posizione Casa Santa Marta non si è discostata. Ed ecco perché è stata apprezzata la difficile mediazione tra emergenza e “dignitosa accoglienza” che il governo Gentiloni ha cercato di mettere in atto con le direttive del ministro dell’Interno Marco Minniti. Ma l’apprezzamento è più ampio nei confronti di un esecutivo che affronta questa difficile fase che precede le elezioni, come dicono Oltretevere, con «mitezza ». In Vaticano ancora ricordano che il premier ha scelto significativamente come prima uscita romana dopo l’incarico la mensa dei poveri di Sant’Egidio.
A luglio l’incontro rimasto per qualche settimana “secretato” tra Gentiloni e Papa Francesco a casa dell’arcivescovo Angelo Becciu, numero due della Segreteria di Stato. Colui che più di altri cura il rapporto con chi governa da questa parte del Tevere. Il tema migranti non è stato al centro di quell’incontro “privato”, è stato detto. Ma nelle settimane seguenti, quando la crisi ha toccato picchi da emergenza, col flusso di sbarchi senza sosta, il capo del Viminale Minniti in più di un’occasione ha raggiunto lo stesso arcivescovo Becciu per uno scambio di vedute. Proprio a ridosso dell’adozione delle direttive che hanno impresso una svolta all’emergenza.
Apprezzamento che, fanno notare, non vuol dire nulla in vista della campagna elettorale imminente. Le più alte gerarchie vaticane non si schiereranno, seguendo l’indirizzo del Pontificato di Francesco in politica. Piuttosto, proprio la Conferenza episcopale si farà sentire sui temi di più stretta attualità, a cominciare proprio da migranti e occupazione. La 48esima Settimana sociale dei cattolici è stata organizzata a Cagliari dal 26 al 29 ottobre sulla “dignità del lavoro”, appunto, con un documento preparatorio firmato da monsignor Filippo Santoro che si offre già come una piattaforma con cui la politica farà i conti.
Ora, se Becciu è figura di riferimento per Palazzo Chigi, quella che cura i rapporti tra Vaticano e Colle è il nuovo presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Votato per sostituire Bagnasco anche dall’ala più conservatrice dell’episcopato, è lui che garantisce dentro e fuori la Chiesa una discontinuità rispetto alla linea più aperturista del segretario Nunzio Galatino. Bassetti, dopo l’incontro con Mattarella di giugno, ha sentito diversi vescovi sul territorio. E il loro allarme per i numeri crescenti di richiedenti ospitalità a dispetto dei posti gli ha fatto comprendere la reale necessità della cautela. In questo senso, le parole pronunciate ieri del cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Cei per il servizio della carità, che si dice «meravigliato » per lo stop sullo Ius soli («La politica spesso prende il sopravvento e non permette di ragionare sul serio ») più che una bocciatura sono un invito da parte di uno dei prelati più vicini a Francesco a riflettere ancora per arrivare a una reale integrazione.