Repubblica 13.9.17
E Corbyn l’equilibrista si riavvicina alla Ue
di Enrico Franceschini
IL CASO. IL LEADER LABURISTA BRITANNICO DAL SÌ ALLA BREXIT ALLA NUOVA CONSEGNA: “VOGLIAMO IL PIENO ACCESSO AL MERCATO COMUNE”
UN
PASSO alla volta, Jeremy Corbyn si avvicina all’Europa. «Restare nel
mercato comune deve essere oggetto di negoziati » con Bruxelles, ha
detto ieri il leader laburista, con un’ulteriore modifica della sua
posizione. Aveva sempre sostenuto che bisogna «accettare la Brexit»,
perché questa è stata il risultato del referendum dello scorso anno
sull’Unione Europea. Quindi ha ipotizzato che la Gran Bretagna rimanga
in qualche modo nell’unione doganale, quella al cui interno non si
pagano dazi per l’import-export, il “modello Turchia”. Poi ha parlato
della possibilità che, per un periodo di transizione di qualche anno, al
termine della trattativa di “divorzio” dalla Ue, ovvero a partire dal
marzo 2019, il Regno Unito resti parte del mercato comune, accettando
dunque la libera circolazione di merci e di persone, il “modello
Norvegia”. Infine, ora, sembra pronto a considerare che la permanenza
nel mercato comune sia a tempo indeterminato.
Parlando al
congresso annuale dei sindacati britannici, e in una serie di interviste
di contorno con la Bbc e altri media inglesi, Corbyn ha dichiarato: «Il
Labour rispetta il risultato del referendum. Ma vogliamo una Brexit che
garantisca i nostri posti di lavoro attraverso un pieno accesso al
mercato comune europeo». E ha aggiunto: «Vogliamo un rapporto che ci
consenta di commerciare con la Ue. Se questo debba avvenire attraverso
una piena appartenenza al mercato comune o attraverso nuovi accordi,
sarà oggetto di negoziati. Per noi il risultato è più importante del
metodo per arrivarci». L’impressione è che Corbyn voglia per così dire
passare il Rubicone, o restringere la Manica, tenendo comunque Londra
stretta all’Ue.
Ma è una lunga marcia ancora piena di ombre. Un
suo portavoce nega che il leader e il partito abbiano cambiato davvero
posizione: «La permanenza nel mercato comune sarebbe solo temporanea ».
Tuttavia Tom Watson, vice capo del Labour, afferma l’esatto contrario:
«Ci resteremo per sempre». Di certo c’è che Corbyn è passato da un sì
alla Brexit a un sì alla “soft Brexit” a un forse sì a una Brexit così
soft da apparire poco diversa da un no. Posizione difficile, come
riflette una vignetta del Times, che lo ritrae a quattro zampe, in
precario equilibrio, nel tentativo di accontentare tutti. Il suo
obiettivo, in realtà, appare chiaro. Non perdere gli elettori laburisti
che hanno votato per la Brexit in nome di un disagio economico e
culturale davanti a globalizzazione, de-industrializzazione e
immigrazione; ma tenere con sé anche i laburisti che hanno votato no
alla Brexit. Ai primi promette la difesa dei posti di lavoro, se
necessario attraverso il compromesso del mercato comune (che comporta
però la libertà di immigrazione).
Ed è convinto che i secondi,
quando si tornerà alle urne (in teoria fra 5 anni, ma non è escluso
prima se Theresa May verrà disarcionata dal proprio partito) voteranno
comunque per lui piuttosto che per i conservatori. Non è detto che, se
la situazione economia peggiora ulteriormente, Corbyn finirà per seguire
l’esortazione di Tony Blair, chiedendo un secondo referendum
sull’uscita dalla Ue (o sugli accordi per uscirne), schierandosi per
restarci dentro. Intanto, sullo sfondo, i sindacati minacciano scioperi a
oltranza, anche illegali (cioè senza il sostegno di oltre il 50% dei
lavoratori, come richiede la legge britannica). Se questo paese è
avviato a un “inverno dello scontento”, in primavera la Brexit potrebbe
cominciare a franare.