il manifesto 9.13.17
Norvegia: l’alleanza anti immigrati funziona: governo confermato
Norvegia. Il voto conferma il governo, 27% ai socialdemocratici Verdi e sinistra al 3,2 e al 2,4%
di Guido Caldiron
Chi
ha detto che il potere logora i populisti? Al contrario, dalle urne
norvegesi esce rafforzata l’alleanza tra i conservatori e la nuova
destra anti-immigrati che quattro anni fa aveva cacciato i
socialdemocratici dal governo e che oggi confermano la propria crisi
realizzando il secondo risultato peggiore dal 1924.
LE DUE LEADER
DELLA DESTRA locale, la premier Erna Solberg alla testa del Partito
conservatore e dell’esecutivo di Oslo, e la sua alleata Siv Jensen,
attuale ministra delle finanze e che guida il Fremskrittpartiet, il
Partito del progresso schierato su posizioni xenofobe e identitarie,
hanno festeggiato il risultato delle elezioni politiche che hanno visto
riconfermato il consenso nei confronti del governo. Attestandosi
rispettivamente intorno al 25,1 % e al 15,3 %, i loro partiti crescono,
anche se di poco, rispetto alle precedenti consultazioni, mentre i
socialdemocratici perdono oltre 3 punti e mezzo attestandosi intorno al
27%.
AL DI LÀ DEI NUMERI è però la formula politica inaugurata nel
2013, e a cui molti osservatori avevano in realtà pronosticato vita
breve, ad uscire rafforzata dal voto. Malgrado gli esponenti della
destra plurale abbiano vantato durante la campagna elettorale la propria
capacità nell’aver fatto attraversare bene al paese le due maggiori
crisi degli ultimi decenni: quella dei rifugiati, gestita attraverso un
drastico peggioramento della politica migratoria nazionale e la chiusura
delle frontiere e quello che è stato presentato come «il più grande
choc petrolifero degli ultimi trent’anni», che per l’economia della
Norvegia, primo produttore di greggio in Europa, è stato contenuto
grazie ad una serie di agevolazioni fiscali, a spiegare l’esito del voto
sono però altri fattori.
SE LA POSSIBILITÀ di un’alternanza di
governo con la sinistra è stata minata prima di tutto dagli errori
compiuti dalle incertezze politiche mostrate dai socialdemocratici,
mentre la stessa figura del loro leader, l’ex capo della diplomazia
norvegese Jonas Gahr Store ha richiamato l’attenzione degli elettori più
per la sua denuncia dei redditi milionaria, oltre 64 milioni di corone,
7 milioni di euro, che per le proposte avanzate, il successo politico
più marcato sembra raccoglierlo la nuova destra. Si è avuto
l’impressione che a dettare i tempi della campagna elettorale sia stata
l’astro montante del Partito del progresso, la giovane e aggressiva
ministra dell’Immigrazione Sylvi Listhaug che nelle ultime settimane ha
attraversato il paese soffiando sull’inquietudine di una parte della
popolazione che – malgrado il tasso di disoccupazione locale superi di
poco il 4% – attribuisce incertezza e preoccupazioni alla presenza degli
stranieri.
ALLA VIGILIA DEL VOTO, il tour di Listhaug ha fatto
tappa addirittura a Rinkeby nella periferia di Stoccolma, dove al pari
dei quartieri popolari di Malmö si sono registrati negli scorsi anni
degli incidenti in stile banlieue, per «imparare dagli errori della
Svezia ed evitare che si ripetano a casa nostra». 39 anni, figlia di
agricoltori, originaria dell’ovest del paese, sostenitrice dei valori
della «vera cristianità», si presenta sempre con un una grande croce al
collo, in opposizione alla linea improntata all’accoglienza della Chiesa
ufficiale, fan di Thatcher e Reagan e del negazionismo climatico di
Trump, la ministra dell’immigrazione è diventata ospite fisso dei
tabloid popolari e delle trasmissioni tv più seguite anche grazie a
sparate velenose: ha invitato i suoi compatrioti a denunciare chi
possiede un permesso di soggiorno e si è presa un periodo di vacanze
all’estero, ha accusato il capo dei cristiano-democratici di coprire gli
imam radicali con la scusa della protezione religiosa e non perde
occasione per denunciare «i pericoli e la decadenza della cultura
permissiva della sinistra».
«In molti erano convinti che arrivando
al governo, il Partito del progresso avrebbe perso consensi, ma grazie a
questo attivismo provocatorio ha mantenuto forza e ha almeno in parte
fatto vincere il governo», spiega il politologo Anders Ravik Jupskas.
Quanto ai partiti minori, i centristi hanno raggiunto il 10%, mentre
Verdi e estrema sinistra si sono fermati al 3,2 e al 2,4%.