Repubblica 13.9.17
Ecco perché i telefonini faranno sparire anche i docenti
di Marco Lodoli
BISOGNA
essere assolutamente moderni, diceva Rimbaud, e dunque non dovremmo mai
temere le novità, non dovremmo farci prendere dalla nostalgia per il
tempi andati, perché la vita è comunque rognosa e nessuna epoca è mai
stata rose e fiori. Dovremmo cedere serenamente alle nuove tecnologie,
perché ogni forma di resistenza sembrerebbe solo polverosa, passatista,
conservatrice: e nonostante mi ripeta tutto questo, faccio una certa
fatica a immaginare una classe con trenta ragazzi che con il ditino
frenetico lavorano sul loro smartphone, cercando poesie, formule
matematiche, immagini artistiche, vicende storiche e ogni luminosa
schermata dello scibile umano. In realtà, se dobbiamo essere
assolutamente sinceri, molti studenti già sono incantati da quel
bagliore ipnotico. Tengono il loro smartphone sulle ginocchia, tra le
pagine del libro, nella manica del maglione, proprio non riescono a
spegnerlo neppure per mezz’ora. Sta lì, acceso, come una possibilità
sempre aperta, come un ponticello teso verso l’universo, come una
bellissima distrazione. Il professore parla, spiega roba morta e
sepolta, scrive con l’antichissimo gessetto sull’antidiluviana lavagna,
ma i suoi studenti sono altrove, proiettati attraverso le loro seducenti
finestrelle verso mondi lontanissimi, miliardi di volte più
interessanti delle povere ciance che arrivano dalla cattedra tarlata.
Ora bisognerebbe fare il passo definitivo. Abolire i libri, carta
malinconica, pronta a ingiallire, faticosa da portare sulla schiena, e
sostituire queste anticaglie con la leggerezza e la rapidità e la
modernità dello smartphone. Ricordo quando dieci anni fa una mia
studentessa, con una smorfia di disgusto in faccia, mi disse: “Prof, i
libri sono vecchi”, e non intendeva sputare sui contenuti dei libri, ma
proprio su loro, su quei mucchi di fogli rilegati. E ormai ci siamo.
Anche il ministro è d’accordo a staccare la spina, a finirla con
l’accanimento terapeutico, a introdurre una pietosa eutanasia: il libro
agonizza, lo smartphone riluce trionfante; il libro è un reperto, un
coccio etrusco, un capitello scheggiato dai secoli, lo smartphone è
fico, è una fontana che zampilla immagini, suoni, parole. Ma mi si
stringe il cuore a pensare a una classe senza libri, senza la quiete
profonda che deriva dalla lettura, senza il fruscio delle pagine girate.
Temo che il passo seguente sarà l’accantonamento degli insegnanti: si
premerà un tasto e apparirà un prof virtuale che reciterà la sua
splendida lezione su Dante o sull’area del trapezio. E forse poi non
serviranno più nemmeno gli studenti, basterà che lascino sul banco il
loro smartphone acceso e collegato.