Repubblica 13.9.17
Ius soli, il bivio per il voto utile
di Stefano Folli
LA
BANDIERA dello “Ius soli” è servita al Pd per intestarsi una battaglia
morale in nome dei diritti della persona, ma le probabilità che
diventasse legge dello Stato in questa legislatura sono sempre state
irrisorie. Il fatto che il testo avesse avuto il “sì” della Camera è
secondario. Le riserve mentali erano notevoli già a Montecitorio e si
sono fatte via via più condizionanti mano mano che ci si è avvicinati
alla fine della legislatura. All’interno dello stesso Pd, da parte di
coloro che sventolavano il vessillo, erano chiari i limiti dell’impegno:
evitare qualsiasi rischio al governo.
E così è andata. Del resto,
lo “Ius soli” resta una legge molto controversa. Non solo a destra e
nelle file dei Cinque Stelle, il cui comportamento opportunista è sempre
più evidente: anche tra gli elettori del centrosinistra non mancano i
dubbiosi e vanno rintracciati in quei settori di opinione pubblica
ancora incerta sul proprio voto alle prossime elezioni. Vorrebbero
sostenere il Pd, specie se potesse identificarsi fino in fondo con il
ministro dell’Interno Minniti, ma potrebbero astenersi o magari
scivolare verso il centrodestra, in qualche caso addirittura verso la
Lega. Un tempo, quando si parlava di “partito della nazione”, era
proprio a questo elettorato che Renzi guardava. Oggi che il paladino
forse inconscio del “partito della nazione” sembra essere Minniti, il
quale non esita a recarsi alla festa di Giorgia Meloni e di Fratelli
d’Italia, dove verrà senza dubbio applaudito, lo “Ius soli” viene messo
fra parentesi.
Il clima è cambiato, ma non negli ultimi giorni.
Era mutato già prima dell’estate, nelle settimane concitate che hanno
preparato la svolta sull’immigrazione, ora approvata anche dal Papa. Il
Pd ne era del tutto consapevole e si è prestato a un certo gioco delle
parti. Ha tenuto in pugno la bandiera della cittadinanza per ravvivare
la propria immagine di forza di sinistra. Ma fin dall’inizio aveva messo
nel conto che non ci sarebbero stati i voti sufficienti al Senato in
questo scorcio finale di legislatura. Non c’è da stupirsi: alla vigilia
delle elezioni tutti i partiti sono propensi alla lettura dei sondaggi
più che agli atti di coraggio.
Con un po’ di malizia si può
trovare un’altra ragione per spiegare la corsa a zig-zag del Pd sullo
“Ius soli”. Si sta preparando il terreno per imporre il tema del “voto
utile”. Vale a dire uno dei cavalli di battaglia della prossima campagna
elettorale. Come accade quasi sempre, il maggiore partito del
centrosinistra tenterà di convincere gli elettori della sinistra (da Mdp
a SI) che l’unico modo per contrastare le destre consiste nel dare più
forza al Pd. Tuttavia servono solidi argomenti per suffragare una simile
tesi. Lo “Ius soli” calza a pennello. È una bandiera del Pd e non è
passato in Parlamento perché il partito di Renzi non ha avuto i numeri
per imporlo da solo. Di conseguenza, consolidare il partito di
maggioranza significa rendere più vicino il traguardo dei diritti a cui
l’opinione di sinistra è sensibile. Vedremo come andrà nei prossimi
mesi, ma il campo del confronto elettorale si delinea ogni giorno di
più. Quel 4-6 per cento di voti a sinistra del Pd fanno gola al Nazareno
e sarebbe strano il contrario.
Nel frattempo i Cinque Stelle si
trovano alle prese con un passaggio insidioso. Un tribunale civile,
raccogliendo il ricorso di un ex militante grillino, ha avuto da
eccepire sulla procedura (le cosiddette “regionarie”) con cui il
movimento ha scelto il suo candidato alla presidenza della regione
Sicilia. Nessuno crede sul serio che i Cinque Stelle, a due mesi dal
voto, possano essere esclusi dalle liste di una consultazione in cui al
momento sono favoriti o comunque pienamente in lizza. Se mai dovesse
accadere, verrebbe offerta a Grillo la più spettacolare delle occasioni
per presentarsi come la vittima del sistema. E non vi sarebbe bisogno di
essere un elettore del M5S per giudicare pericolosa una tale ferita al
processo democratico. I Cinque Stelle si dibattono abbastanza fra le
loro contraddizioni, aggravate dall’idea di aver già vinto a Palermo e a
Roma, senza che un tribunale avverta la necessità di far loro un
favore.