Repubblica 13.9.17
Per combattere il fascismo meglio costruire che cancellare
di Tomaso Montanari
IL
POTERE dei monumenti appare oggi inversamente proporzionale al potere
della politica. Lo suggeriscono le dichiarazioni con cui vari esponenti
del Partito democratico propongono di cancellare le iscrizioni dei
monumenti fascisti. Ieri il deputato Emanuele Fiano ha espresso il suo
consenso (poi derubricato a una meno impegnativa neutralità) rispetto
alla proposta di Luciano Violante di abradere la scritta «Mussolini Dux»
dall’obelisco del Foro Italico.
Il parallelo con
quanto accade negli Stati Uniti non regge. Lì a chiedere, o ad attuare,
l’abbattimento delle statue dei generali sudisti e dei politici
schiavisti è una agguerrita opposizione civica che contesta un
presidente che, in modo inaudito, simpatizza con quella terribile
storia. È Trump, insomma, ad aver ridato forza e vita a quelle statue: e
chi le abbatte cerca di abbattere Trump, almeno in effigie. Un fenomeno
comprensibile, anche se pieno di contraddizioni e di pericoli, come ha
ben spiegato Ian Buruma.
Ma da noi è, paradossalmente, il
contrario: sono uomini del partito di governo a dichiarare di voler
mettere le mani sui monumenti.
Ora, l’architetto Fiano e i suoi
colleghi dovrebbero sapere che si tratta di monumenti tutelati dalla
legge e dalla Costituzione repubblicana, e che dunque chi li
manomettesse commetterebbe un reato. E, soprattutto, un partito di
governo che proponga di mutilare i monumenti (per quanto nobile sia
l’obiettivo finale) trasmette un messaggio di impotenza: di una politica
ridotta a propaganda. Perché i governi democratici, a differenza di
quelli autoritari, non praticano l’iconoclastia: essi hanno il dovere di
utilizzare strumenti ben più potenti e appropriati.
Per esempio,
si vorrebbe vedere rivolta contro i troppi gruppi dichiaratamente
neofascisti o neonazisti anche solo una piccola parte della forza di
polizia usata negli ultimi mesi contro i poveri, i marginali, i
migranti. Prima ancora: il governo dispone di strumenti di intelligence,
e credo che sarebbe ora di veder chiaro nelle sorprendenti
ramificazioni e negli intrecci che legano non i monumenti di pietra, ma i
neofascisti in carne ed ossa, ad ambienti insospettabili. Mi riferisco,
per esempio, al pentolone scoperchiato dalla documentatissima inchiesta
del collettivo di scrittori WuMing provocatoriamente (ma non
gratuitamente) intitolata CasaP( oun)D. Rapporti con l’estrema destra
nel ventre del partito renziano. Ed è ben noto che da inquinamenti di
questo tipo non è esente il Movimento 5 stelle.
Dal governo di una
Repubblica fondata anche sullo «sviluppo della cultura» e sulla
«ricerca » ci si aspetta non la cancellazione delle scritte sui
monumenti di ottant’anni fa, ma la costruzione di strumenti per leggere
storicamente e moralmente quelle scritte. Il disinvestimento nella
cultura e nella scuola, il sottofinanziamento dell’università e il loro
orientamento sempre più professionalizzante rappresentano uno
smantellamento della formazione alla cittadinanza, e dunque una
distruzione dei veri anticorpi antifascisti.
Per rispondere al
terribile fascismo fiorentino degli anni venti, Nello Rosselli
progettava di fondare biblioteche per ragazzi in ogni quartiere della
città, e mentre era chiuso in carcere Antonio Gramsci rifletteva
sull’urgenza di dotare l’Italia di «servizi pubblici intellettuali:
oltre la scuola, nei suoi vari gradi », quelli che « non possono essere
lasciati all’iniziativa privata, ma che in una società moderna, devono
essere assicurati dallo Stato e dagli enti locali (comuni e province):
il teatro, le biblioteche, i musei di vario genere, le pinacoteche, i
giardini zoologici, gli orti botanici». E non si pensa senza vergogna
alla nostra attuale incapacità di costruire a Milano un vero Museo della
Resistenza, cioè un grande centro di ricerca, capace di redistribuire
conoscenza critica attraverso i canali più moderni.
Da un partito
di governo dell’Italia democratica del 2017 non ci si aspetta, insomma,
una propaganda iconoclasta, ma un progetto culturale che costruisca
l’antifascismo attraverso la cultura: non la cancellazione delle
contraddizioni storiche, ma la capacità di mettere tutti in grado di
interpretarle. Non la finzione che il fascismo non sia stato: ma la
forza culturale e morale per meditare «che questo è stato» (Primo Levi).