il manifesto 13.9.17
La legge contro la propaganda fascista passa alla camera
Primo
via libera con il minimo dei voti alla proposta Fiano, ma il passaggio
al senato è a rischio. Contraria tutta la destra e il Movimento 5
Stelle, ma perplessità anche a sinistra
di Andrea Colombo
La
legge Fiano è stata approvata ieri sera dalla camera, con 261 voti a
favore, 122 contrari e 15 astensioni. Gli emendamenti approvati la hanno
un po’ mitigata, senza modificare l’opposizione della destra e
dell’M5S, ma soprattutto senza dissipare i dubbi legittimi che la legge
desta. Il tentativo di rinvio di Fdi, che aveva chiesto di far slittare
il dibattito, è stato subito bocciato anche dai grillini, inizialmente
favorevole allo slittamento, hanno cambiato idea dicendosi pronti al
voto favorevole purché venisse approvato l’emendamento che rendeva più
rigorosa la legge Scelba contro l’apologia di fascismo senza aggiungere
una nuova proibizione. In effetti non è facile, in un testo di poche
righe come questo, capire dove sia la differenza di questa legge
rispetto a quella voluta dal ministro degli interni più duro della
storia della Repubblica nel 1952 (soprattutto come alibi e copertura per
la sanguinosa repressione che stava mettendo in atto contro la
sinistra).
La legge prende di mira non la ricostituzione del
partito fascista, proibita con disposizione transitoria dalla
Costituzione ma l’oggettistica, purché sia adoperata come strumento di
propaganda (e non ci capisce bene cosa la specifica significhi), la
gestualità, in soldoni il saluto romano che Ignazio La Russa si è
peritato di fare subito in aula durante il proprio intervento, la
diffusione «dei contenuti» dei partiti fascista e nazista ma soprattutto
la «propaganda in rete». In questo caso infatti la già pesante pena che
va da sei mesi a due anni di carcere viene aumentata di un terzo.
«Semplicemente
surreale. Viola elementari diritti umani», taglia corto Giorgia Meloni,
chiamata quasi direttamente in causa ma Salvini non è da meno: «Legge
demenziale che punisce chi possiede un accendino con Mussolini». Grillo,
come da copione, fa il grillocentrico: «Antifascismo a intermittenza:
quando Pd e partiti limitrofi non sanno come contrastare le nostre
posizioni di buon senso gridano al fascismo». La più ironica è
Alessandra Mussolini: «E io che faccio, cambio cognome?».
Fiano ha
contestualizzato la sua legge nel quadro di una minaccia fascista che
sta riprendendo corpo in Europa. Ma non è solo la destra e tantomeno
sono solo i sospetti nostalgici a criticare il provvedimento. Anche
parlamentari certamente antifascisti come Parisi, di Scelta civica,
hanno preso di mira con argomenti seri questa modifica del codice penale
che, con il nuovo art. 293bis, rischia fortemente di sconfinare nella
lesione della libertà di pensiero e di parola da un lato, e di rivelarsi
del tutto inefficace, se non controproducente in termini di propaganda,
dall’altro.
La discussione è stata preceduta, come era
inevitabile in un’estate segnata soprattutto (ma non solo) sull’altra
sponda dell’Atlantico dall’assurda «campagna delle statue», da una
polemica sull’obelisco romano che, al Foro Italico, si fregia della
scritta «Mussolini Dux». Intervistato da Radio 24 Fiano ha ipotizzato,
per la verità tra le righe, la cancellazione della scritta: «Sono
contrario all’abbattimento dei monumenti, ma l’abrasione della scritta è
una cosa che, in Italia, è già stata fatta in molti posti». Poi, dopo
la prevedibile ondata di reazioni polemiche, il parlamentare del Pd ha
frenato a tavoletta: «Mai proposta la cancellazione della scritta o
l’abbattimento di monumenti dell’epoca fascista».
Licenziata dalla
camera, la legge dovrà passare per le forche caudine del senato. Sempre
che si arrivi a discuterla in tempo utile, e non è affatto detto.