Repubblica 13.9.17
La Bocciatura
Dall’annuale rapporto dell’Ocse sui sistemi di istruzione di quaranta Paesi arriva una sonora bocciatura per l’Italia
Laureati, l’Italia all’ultimo posto e troppi nelle facoltà umanistiche
L’Ocse:
solo 18 ogni cento abitanti con il titolo, peggio soltanto il Messico
Fanalino di coda per spesa in istruzione. I diplomati trovano più
impieghi
di Salvo Intravaia
Pochi laureati, in
Italia, e nelle facoltà che il mercato non riesce a valorizzare. Troppi
Neet — i giovani che non studiano né lavorano — e investimenti col
contagocce. Con Education at a glance 2017, l’annuale rapporto dell’Ocse
sui sistemi di istruzione di 40 Paesi, arriva una sonora bocciatura.
Tra i 25-64enni, l’Italia conta18 laureati su cento, meno della metà
della media Ocse che si attesta al 37% e dato più basso dopo quello del
Messico. Ma non solo: «In Italia — spiega Francesco Avvisati, analista
dell’istituto con sede a Parigi — ci sono troppi laureati in Lettere che
faticano a trovare un impiego che corrisponda alla loro qualifica».
Pochi invece, appena il 25% (contro il 37% della Germania e il 29% del
Regno Unito) i giovani che escono dall’università con un titolo che fa
gola al mercato: Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica (Stem). Un
mezzo disastro che si ripercuote sul tasso di occupazione dei laureati:
dell’82% nell’ambito Stem, dell’81%, in quello economico- giuridico e
del 74% per le materie umanistiche. Ancora più penalizzate, in termini
di impiego, le donne e i giovani laureati: l’80% dei 25-64enni con
un’istruzione universitaria ha un lavoro, contro il 64% dei 25-34enni,
il livello più basso dei Paesi industrializzati, dove la media è
dell’83%. Solo in Arabia Saudita, paese partner dell’Ocse, il tasso è
inferiore: il 62%.
In Italia, in realtà, non sempre la laurea è
sinonimo di occupazione, visto che il tasso di impiego dei giovani
laureati è superato anche da quello dei diplomati negli istituti
tecnico- professionali, che è pari al 68% contro il 64% di chi ha un
titolo superiore e ha tra i 25 e i 34 anni. Per aggiustare il tiro
bisogna agire su alcune leve, dice l’Ocse: tasse, borse di studio e
numero chiuso. Quello che aveva tentato la Statale di Milano con lo
sbarramento a Lettere. «L’incremento dei laureati nel nostro Paese —
interviene la ministra dell’Istruzione e dell’Università, Valeria Fedeli
— è uno degli obiettivi che ci siamo prefissati e verso il quale ci
stiamo già muovendo». La strada è quella di incrementare le risorse
universitarie: dell’1 per cento quest’anno e del 4,2 per cento nel 2018.
Troppi, poi, i divari tra Nord e Sud in termini di livelli
occupazionali, laureati e Neet. Nel Lazio il picco dei laureati (il
23%), in coda Puglia e Sicilia col 13%. Altra piaga, i Neet: in Italia
al 26% tra i 15-29enni, quasi il doppio dei 14 su cento registrati a
livello Ocse. Dato che schizza al 38% in Sicilia. Siamo penultimi,
dietro di noi solo la Turchia. E figuriamo all’ultimo posto nell’area
Ocse per spesa pubblica in istruzione. Ma i dati risalgono al 2012 e da
allora qualcosa è cambiato.