Repubblica 11.9.17
Se le tabelle dei sentimenti ci strappano un sorriso
di Valerio Magrelli
QUELLO
delle università anglosassoni che studiano il comportamento umano, è
diventato ormai un autentico genere letterario. Più il campo è
complesso, meno dubbi vengono sollevati; più il discorso si fa
articolato, meno ci si interroga sulle metodologie e sui loro rischi.
Certo, i lavori pubblicati sono tanti e viene spontaneo, con una certa malizia, fermarsi sempre sui più discutibili.
Tuttavia,
tranne ovvie e per fortuna numerose eccezioni, talvolta sembra di
imbattersi in vere e proprie barzellette, tanto che verrebbe spontaneo
pronunciare la fatidica frase: la sai l’ultima?
L’ultima, in
questo caso, è che un dottorando in neuroscienze della University of
California di Berkeley ha presentato uno studio secondo cui le emozioni
non sarebbero solo sei (ma poi perché questo preciso numero e non un
altro?), bensì ventisette. Da qui una fondamentale precisazione: “Il
nostro arcobaleno emotivo è più ricco di quanto siamo portati a
credere”. Chi l’avrebbe mai detto! Quando si dice la sapienza
accademica… Davanti a considerazioni così piatte, l’unica risposta
plausibile è il sorriso. Ricordo un libro di qualche anno fa,
Filosofia e emozioni
(Feltrinelli
1999), in cui alcuni studiosi analizzavano, con ben altro rigore, un
terreno tanto delicato, sfumato, inafferrabile per definizione. Uno di
loro, Remo Bodei proveniva tra l’altro da un lavoro intitolato
Geometria delle passioni,
dove
indagava in una prospettiva politica moventi quali la paura, la
speranza, la felicità. È così che si studia seriamente, quando al centro
della ricerca sta un oggetto su cui il pensiero si interroga da
millenni. Altro che numeri sorteggiati a caso!
A questo punto,
fantasia per fantasia, meglio sarebbe citare un classico: il felicissimo
cartone animato del 2015, Inside out. Nella mente della bambina
protagonista, una undicenne del Minnesota, vivono cinque emozioni:
Gioia, Disgusto, Paura, Rabbia e Tristezza, che dirigono la sua mente
agendo su una consolle piena di pulsanti. Ecco, a livello universitario,
credo che un film del genere meriterebbe certo più attenzione.