domenica 10 settembre 2017

Repubblica 10.9.17
Favorevole.
Giovanni Maria Flick: “Una modifica attesa da vent’anni, niente marce indietro”
“Orlando vada avanti alla libertà di stampa non serve il gossip”
di Dario Del Porto

ROMA. «Si parla di riforma delle intercettazioni da più di vent’anni. Dunque, se non ora quando?», ragiona Giovanni Maria Flick, giurista che nella sua carriera è stato magistrato, avvocato, Guardasigilli e presidente della Consulta. «Spero che il ministro Orlando, cui pure va dato atto di aver affrontato la questione, non cada nella tentazione di fare macchina indietro rispetto alla bozza di decreto legislativo. Sarebbe un peccato se questo percorso dovesse fermarsi ancora, per giunta a causa di tecnicalità che nulla tolgono alla sostanza delle cose».
Però la scelta di escludere dagli atti le trascrizioni integrali dei colloqui per sostituirli con una sistesi non è un dettaglio, professor Flick.
«Non è importante l’espressione testuale, ma che le sintesi siano fedeli. Toccherà a pubblici ministeri e giudici garantire che il riassunto rispecchi fedelmente il contenuto della conversazione, evitando di appiattirsi sui cosiddetti brogliacci della polizia giudiziaria».
Come ci si difende, in caso di arresto sulla base di intercettazioni, se non si conosce l’esatto tenore dei dialoghi?
«Se la sintesi è corretta, il problema non si pone. Questo naturalmente richiama i magistrati alle loro responsabilità. Ma non vedo particolari differenze rispetto al sistema attuale. Dopo l’esecuzione della misura cautelare, ci sarà sempre la discovery degli atti per il difensore attraverso l’udienza stralcio».
Non c’è il rischio di complicare il lavoro dei magistrati?
«Ci siamo dimenticati tutti, temo, che la legge prevede come presupposto delle intercettazioni la indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini. Si parla di prosecuzione, non di inizio. Questo significa probabilmente che oggi si fanno troppe intercettazioni. E non possiamo invocare il principio di legalità solo quando ci fa comodo ».
Come la mettiamo con l’opinione pubblica? Molti scandali non sarebbero esplosi, se non si fossero conosciute le trascrizioni integrali.
«Per garantire la libertà di informazione non è necessario utilizzare frasi testuali, prese dal lessico comune, che servono solo per fare gossip, o addirittura umiliare le persone. Sa quanti di noi, se fossero pubblicate le loro telefonate, verrebbero bruciati in piazza Campo dei Fiori senza aver commesso alcun reato? È giusto che l’opinione pubblica conosca il contenuto, ma i processi si fanno nelle aule di tribunale ».
L’esclusione del sistema di intercettazione Trojan per la corruzione non rappresenta un passo indietro?
«Sono d’accordo anche io sulla limitazione di questo strumento che entra nel corpo elettronico di una persona. È già tanto che venga impiegato per le indagini di terrorismo e criminalità organizzata. Ma corruzione e mafia non sono la stessa cosa. Spesso camminano in parallelo, ma sono realtà profondamente diverse. Penso anche io che occorra un salto di qualità nel contrasto alla corruzione, però non come sembra si stia facendo adesso».
In che modo, allora?
«Non si può combattere un fenomeno, che purtroppo è diventato sistema, solo per via burocratica, attraverso una prevenzione affidata al privato e, soprattutto, compilando scartoffie. Né si possono aumentare le pene per evitare la prescrizione, accumulando controlli che, come ricorda il procuratore generale della Corte dei conti, costano un sacco di soldi. Bisogna mettere in campo riforme».
Anche sulle intercettazioni?
«Certamente. Quando ero al governo ci abbiamo provato, ma forse i tempi non erano maturi. Spero proprio che il ministro Orlando non perda questa occasione».