sabato 9 settembre 2017

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Anche il Papa ha i sovranisti in casa
Dissidi | Famiglia, liturgia, aborto. Dagli Stati Uniti al Vaticano si sono intensificati gli attacchi a Bergoglio, che ha risposto con il pugno di ferro. Ma lo scontro evidenzia in realtà una frizione di fondo nel mondo cattolico. Che il Pontefice ha deciso di affrontare apertamente
di Iacopo Scaramuzzi

Il sisma dell’addio di Steve Bannon è stato registrato immediatamente dai sismografi del Vaticano. Lo stratega in capo di Donald Trump, vicino al mondo della alt-right, è legato al cattolicesimo più ostile a Jorge Mario Bergoglio. Ben prima di entrare alla Casa Bianca, nel 2014, aveva esposto la sua visione del mondo in collegamento Skype con l’istituto ultraconservatore Dignitatis Humanae in Vaticano. L’incompatibilità era così palese che quando Trump ha fatto visita al Papa, a maggio scorso, Bannon ha lasciato il seguito presidenziale prima della tappa romana. E a poche settimane dalle sue dimissioni, sull’onda delle polemiche che ad agosto hanno investito Trump per il revival razzista di Charlottesville, dall’entourage papale era partita un’irrituale bordata. In un articolo di luglio il direttore de La Civiltà cattolica, il gesuita Antonio Spadaro, e il direttore dell’edizione argentina dell’Osservatore Romano, il protestante Marcelo Figueroa, hanno denunciato la strana alleanza tra «fondamentalisti evangelicali e cattolici integralisti». Un «ecumenismo dell’odio» promosso da personalità come Bannon, «sostenitore di una geopolitica apocalittica»: «In fondo, la narrativa del terrore che alimenta l’immaginario degli jihadisti e dei neo-crociati si abbevera a fonti non troppo distanti tra loro».
• Il gelo tra Santa Sede e Washington
L’articolo marca forse il punto più basso nella storia delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Vaticano, sottrae alla Casa Bianca il facile uso del cristianesimo come giustificazione politica, ma investe implicitamente anche i vescovi statunitensi, impegnati da decenni, prima del Papa argentino, in culture wars incentrate su questioni come l’aborto o le nozze gay. Ai nunzi apostolici che a inizio pontificato gli raccomandavano cautela nella nomine dei vescovi e dei cardinali negli Usa, ha ricostruito il New York Times, Francesco avrebbe risposto: «Lo so, è da lì che viene l’opposizione». Di certo la fronda al Pontefice riformista, lungi dall’essere circoscritta agli Stati Uniti, oltreatlantico è particolarmente vocale. È statunitense il cardinale capofila della battaglia contro l’Amoris laetitia, l’esortazione apostolica sulla famiglia nella quale Francesco apre, tra l’altro, alla possibilità che una coppia divorziata possa accedere alla comunione. Raymond Leo Burke –che già si scagliò contro Benedetto XVI quando questi ipotizzò l’uso eccezionale dei preservativi in casi di Aids–è sodale di Steve Bannon. In Italia, più modestamente, ha ricevuto il leader della Lega Matteo Salvini. E da mesi guida con protervia il drappello di quattro cardinali che ha espresso pubblicamente dubbi (dubia, in latino) sulle aperture papali e minaccia una «correzione formale» del Pontefice. I blog conservatori statunitensi rigurgitano critiche: questo Papa non è cattolico, ha deviato dal tradizionale insegnamento morale della Chiesa.
• I nodi del Concilio e dell’aborto
Negli Usa è particolarmente veemente, poi, il malumore quando Jorge Mario Bergoglio esclude l’idea che si possa tornare indietro rispetto alla riforma liturgica del Concilio vaticano II, in direzione della «messa in latino» o della celebrazione spalle al popolo. «A volte penso che Papa Francesco è un regalo per la Chiesa cattolica, specialmente quando dice cose ridicole, goffe o addirittura stupide», ha commentato Michael Brendan Dougherty sul National Review: «Permette ai cattolici seri di prendere il culto papale meno sul serio di quanto hanno fatto per generazioni. Tutto sommato, è una buona cosa», scrive l’editorialista con il tipico argomento utilizzato, fino all’elezione di Bergoglio, dai cattolici conciliaristi. C’è poi il tema dell’aborto. «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi », ha detto Francesco a inizio pontificato alla Civiltà Cattolica. Questioni sulle quali Bergoglio non la pensa in modo significativamente diverso dagli altri Papi, ma che non ritiene debbano essere al centro del magistero, quasi che la fede cattolica fosse riducibile a una ideologia pro life. Il fronte opposto è smarrito. Sul sito Crux Charles C. Camosy ha cautamente chiesto al Pontefice di «fare di più» in materia di aborto. Altri vanno molto oltre. Nick Donnelly, diacono e giornalista schierato con il cardinale Burke, batte e ribatte sui social network con una lista di domande al Papa: «Con oltre un milione di bambini uccisi con l’aborto come fai a dire che “non possiamo insistere solo su questioni relative all’aborto”? Perché elogi pubblicamente noti abortisti come Emma Bonino?». Non succedeva da tempo immemore che un Papa venisse attaccato da destra, non si era mai visto che venisse criticato in modo virulento. Negli Stati Uniti, sicuramente, ma anche in molti altri paesi, dall’Italia all’America Latina, dalla Polonia al Sud Africa. Fin a dentro il Vaticano.
• La misericordia può attendere
E Jorge Mario Bergoglio, che nei primi quattro anni di pontificato ha promosso le sue riforme con pazienza, negli ultimi mesi ha cambiato passo. Risponde alla fronda con maniere forti. Il cardinale Burke, che nel 2014 aveva escluso dalla Curia romana spostandolo al ruolo onorifico di patrono dell’Ordine di Malta, è stato ulteriormente demansionato quando, in primavera, Francesco ha commissariato lo stesso ordine per porre fine a un intricato scontro tra cordate. A inizio estate il Papa ha mandato il cardinale George Pell in Australia a rispondere in tribunale alle accuse di pedofilia e ha pensionato anticipatamente il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della congregazione della Dottrina della fede che non ha mai nascosto troppo il suo scetticismo nei confronti del Pontefice. Ha stravolto la composizione di due dicasteri-chiave per temi cari ai suoi avversari, la congregazione responsabile della liturgia e la Pontificia accademia per la vita. L’anno scorso ha fatto processare dal tribunale vaticano due whistleblower che avevano passato ai giornalisti le carte riservate delle finanze vaticane, i cosiddetti Vatileaks, ora fa processare con l’accusa di peculato l’ex manager dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, quel Giuseppe Profiti molto legato al cardinale Tarcisio Bertone. Il Papa della misericordia ultimamente non lesina bastonate.
• Un Pontefice mal tollerato
A ben vedere i singoli argomenti – famiglia, liturgia, aborto per fare solo tre esempi –sono i punti di caduta del più generale fastidio che un pezzo di Chiesa ha istintivamente maturato nei confronti di un Papa che ridisegna il rapporto del cattolicesimo con la società e con la modernità. Quando racconta di aver consultato in gioventù una psicanalista ebrea o parla con Emma Bonnino di immigrazione, quando poco ieraticamente scherza o va da solo a piedi dal dentista del Vaticano, quando cita La strada di Fellini o ricorda il suo rapporto con Jorge Luis Borges, Francesco non fa una simpatica attività di maquillage e marketing, non rompe solo l’etichetta del Vaticano, non si limita a riformare il papato o spingere la Chiesa fuori dalle sagrestie. Torna a quel Concilio vaticano II (1962-1965) un po’ trascurato dai suoi due predecessori. E testimonia un cattolicesimo che non teme il mondo secolarizzato, che non si concepisce principalmente come morale, che non mira primariamente a fare proseliti tra i non credenti, a rimbrottare i fedeli sui loro costumi sessuali, a fare alleanze politiche in difesa dei «valori non negoziabili», se non di disegni bellici. Propone una fede che invece aggiorna il Vangelo per ravvivarlo, che accetta la complessità del mondo non per apostasia ma, al contrario, per penetrarlo più efficacemente. Traducendo il messaggio cristiano nei termini culturali dell’umanità odierna, come i missionari gesuiti del Seicento e del Settecento facevano quando diffondevano il cattolicesimo in America Latina o in Giappone e Cina. • I cattolici divisi L’operazione è di ampio respiro e svela un pericolo. Se la cattolicità finalmente affronta nodi controversi, emergono differenze profonde che hanno covato per decenni sotto traccia. Progressisti e conservatori si scontrano, pastorale e dottrina rischiano la contrapposizione, fautori di una concezione identitaria della fede – le reazioni feroci che si sono registrate negli Stati Uniti all’articolo di Civiltà cattolica sull’ «ecumenismo dell’odio» ne sono una riprova –incrociano le armi polemiche con i promotori di una Chiesa dialogante, quasi in un principio di scisma. Un bubbone che potrebbe scoppiare se venisse dissimulato. «Abbiamo visto», ha invece scandito il Papa a conclusione del doppio Sinodo che ha voluto celebrare sulla famiglia, «che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo –quasi! –per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione». Sono le stesse tensioni che attraversano protestanti, ortodossi, anglicani, per non parlare dei conflitti interni all’ebraismo e all’islam mondiali. Il Papa gesuita ha deciso di affrontarle apertamente, al costo di suscitare fronde e contestazioni virulente. La posta in gioco è troppo alta: le culture, ha spiegato, «sono molto diverse tra loro e ogni principio generale –le questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato».