lunedì 25 settembre 2017

pagina99  22.9.2017    

La concorrenza cinese renderà obsoleto l’Epr
Sfide | Il reattore di terza generazione, gioiello della République, rischia di nascere già vecchio
di L.M

Doveva essere il gioiello tecnologico del nucleare francese, concepito fin dagli anni Novanta: il reattore di nuova generazione (la terza), il mitico Epr. Sì, frutto del lavoro di un cenacolo di ingegneri, specializzati nell’atomo: a tratti protervi, l’aristocrazia tecnologica della République, laureati nelle grandes école. Non è andata proprio come previsto. È stato un disastro. Areva rifilò il primo progetto di Epr ai finlandesi, il gruppo privato Teollisuuden Voima Oyj (Tvo): il contratto fu firmato nel 2003. A ruota seguì Flamanville: lì, sulle rive della Manica, Edf (con la stessa tecnologia) iniziò a costruire il suo Epr nel 2007. Doveva diventare un prototipo, da mostrare a potenziali clienti. Ai vertici di Edf e Areva ne erano sicuri: l’Epr lo avrebbero venduto in tutto il mondo. A Flamanville si prevedeva di finirlo nel 2012. Ebbene, dopo rinvii a ripetizione, oggi dicono che sarà operativo nel 2019. Intanto il costo previsto è triplicato a 10,5 miliardi di euro. Per il reattore finlandese l’evoluzione è stata praticamente la stessa (se tutto va bene, questo Epr entrerà in produzione qualche mese prima dell’altro). Ormai Tvo e Areva sono alle carte bollate: davanti alla Camera di commercio internazionale si rinfacciano le responsabilità del naufragio del cantiere. I francesi chiedono 3,5 miliardi di risarcimenti ai finlandesi e questi 2,6 agli altri. Due prime decisioni parziali della Camera sono già state favorevoli a Tvo, in attesa del verdetto definitivo. «L’Epr non ha avvenire: è troppo grosso, troppo caro, troppo complicato», sottolinea Philippe Huet, ex direttore dell’audit di Edf. «Si deve passare a un altro modello, più semplice e meno caro. Anche se sono già stati spesi tanti miliardi, bisognerebbe avere il coraggio di uscire da quel progetto». La capacità produttiva dell’Epr è di 1650 MW. Ma nel frattempo, rispetto ai primi tempi della sua concezione, le esigenze del mercato sono cambiate (e Fukushima ha raffreddato non poco gli entusiasmi sul nucleare). Oggi si preferiscono reattori sotto i mille. I principali concorrenti (russi, cinesi e soprattutto sudcoreani) ne hanno disponibili di varie dimensioni: i francesi in campionario hanno solo il «magnifico» Epr. Un progetto per un reattore di mille MW (l’Atmea) di Areva con i giapponesi di Mitsubishi ha il futuro incerto. A proposito, L’Epr i francesi l’hanno rifilato anche ai cinesi. Ce ne sono due in costruzione nel Paese asiatico: quello di Taishan forse sarà già operativo alla fine del 2017. «Questi primi due Epr li stanno costruendo con la tecnologia venduta da Areva», sottolinea Benjamin Dessus, cofondatore di Global Chance, «il prossimo lo faranno con la loro tecnologia. E il quarto forse lo venderanno ai francesi, perché è chiaro che riusciranno a proporre prezzi più competitivi di noi e stanno dimostrando di saperli ultimare prima». Va sottolineato che i ritardi subiti dagli altri Epr sono stati anche la conseguenza di interrogativi sulla sicurezza, in particolare a Flamanville. Nel maggio 2015 vennero riscontrate delle anomalie nel serbatoio che contiene il cuore del reattore, importantissimo per confinare la radioattività in caso di incidente. L’Asn (l’autorità pubblica francese di sicurezza) è giunta in luglio a uno strano compromesso: si può andare avanti fino ad «accendere» l’Epr. Ma Edf deve impegnarsi a cambiare il serbatoio entro il 2024. Quello originario era stato fabbricato da una società francese del gruppo Areva: il nuovo l’hanno già ordinato in Giappone. Meglio così. Nonostante tutti questi problemi, la costruzione di altri due Epr (sono gli ultimi) sta iniziando nel sud-ovest dell’Inghilterra, a Hinkey Point. Londra ha dato il via libera anche perché il costo previsto di 22,4 miliardi sarà a carico del colosso pubblico francese Edf per il 66,5% e per il resto dei partner cinesi di Cgn. Huet, che pure è stato top manager di Edf, non capisce: «Basterebbe un po’ di buon senso. Ce ne sono già quattro in costruzione. Ma si è sforato costantemente sui costi e sui tempi e non si sa neanche se mai funzioneranno e quanto costerà farli funzionare. E allora non si può già iniziare a costruirne altri due.  Si dovrebbe almeno aspettare di averne finito uno e con successo». Perfino i sindacati di Edf, che sono sempre favorevoli a ogni nuovo progetto, per i posti di lavoro che si porta dietro, si erano opposti ai due Epr di HinkleyPoint. Mai manager di Edf (boiardi diStato) e i brillanti ingegneri delle grandes écoles della République non li hanno ascoltati. Avanti tutta. Contro un muro?