La Stampa 8.9.17
Boldrini: più soldi sul reddito d’inclusione
E non è soltanto il M5S a proporre il tema
Oggi
l’apertura della Conferenza dei presidenti delle Camere del G7 “La
responsabilità di unire la sinistra non va caricata solo su Giuliano”
di Francesca Schianchi
«Le
ferite della gravissima crisi globale iniziata dieci anni fa sono
ancora profonde: i Parlamenti non solo possono, ma devono far sentire la
loro voce per cercare soluzioni concrete». È l’invito che la presidente
della Camera, Laura Boldrini, pronuncerà oggi nel corso della 15a
Conferenza dei presidenti delle Camere basse dei Paesi del G7, che ha
preso il via a Roma. Tra i temi da trattare, quello delle
disuguaglianze. Che, insiste, i Parlamenti possono aiutare a combattere
«perché, a differenza dei governi, rappresentano le maggioranze e le
opposizioni, e dunque tutti i cittadini».
Il governo ha appena varato il Rei, reddito di inclusione: cosa ne pensa?
«Un
primo passo positivo, anche perché non ci si limita all’erogazione di
una somma, ma si punta all’inclusione sociale di queste persone. Restano
però insufficienti le risorse stanziate: 1,750 milioni per il 2018, a
fronte dei 7 miliardi necessari. Purtroppo, degli oltre 4,7 milioni di
italiani in povertà assoluta, solo 1,8 milioni avranno una risposta».
Alleanza contro la povertà chiede un piano triennale in legge di bilancio…
«Sono
d’accordo: serve un impegno a lunga scadenza, non può essere una
tantum. Oltre che nella prossima legge di bilancio, vorrei che le forze
politiche prendessero un impegno anche nella prossima campagna
elettorale: mettere questo tema al centro».
Cosa ne pensa dell’ipotesi di reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5S?
«Su
questo tema non è stato solo il M5S ad avanzare proposte. Io stessa ho
proposto più volte un “reddito di dignità” o un sussidio di
disoccupazione erogati dalla Ue: immagini come cambierebbe il giudizio
dei cittadini su Bruxelles se, dopo anni di austerity, s’intestasse il
sostegno a chi è in difficoltà».
Quali segnali spera di trovare in legge di bilancio?
«Sarebbero
importanti segnali su due temi fondamentali. Quello ambientale e di
tutela del territorio: le macerie del terremoto sono lì a ricordarcelo. E
quello della buona occupazione, soprattutto per giovani e donne, non
attraverso bonus occasionali ma con investimenti pubblici in grado di
trainare anche i privati».
La sua parte politica si ripromette di diminuire le disuguaglianze: ma potete farcela senza un centrosinistra unito?
«A
me piacerebbe che il confronto fosse precisamente su questi temi, più
interessanti per i cittadini delle discussioni su alleanze e leadership.
E a quel punto vedremmo - ne sono certa - che le distanze non sono
affatto insormontabili».
È ancora fiduciosa che Pisapia riesca a federare tutti i pezzi?
«Pisapia
sta facendo un lavoro importante. È essenziale però che la fatica del
percorso unitario non venga caricata solo sulle sue spalle. La
responsabilità devono sentirla tutti coloro che sono parte in causa e
dicono di volere un’Italia diversa».
Capitolo integrazione: cosa ne pensa delle recenti scelte dell’Italia sul tema migranti?
«La
diminuzione degli sbarchi non può non interrogarci sulle condizioni
delle persone trattenute in Libia: i racconti dei giornalisti inviati,
così come i rapporti degli organismi internazionali, descrivono una
situazione spaventosa. L’Italia e l’Europa non possono chiudere gli
occhi su questa realtà. E continuo a pensare che le Ong - che nel
Mediterraneo hanno salvato e continuano a salvare vite umane - meritino
la nostra gratitudine».
Cosa sarebbe necessario fare per integrare chi arriva?
«L’integrazione
è il presupposto su cui si basa la coesione sociale. Non avviene
spontaneamente, è un percorso a doppio senso. Per chi arriva comporta
diritti e doveri: fare propri i valori della Costituzione, rispettare la
legge, imparare la lingua. Per lo Stato comporta una politica mirata,
che coinvolga gli enti locali, e adeguati stanziamenti: non è una spesa
ma un investimento, anche in termini di sicurezza».
Lei ha parlato
di Ius soli come strumento di integrazione: in un clima molto teso, di
cui lei stessa è spesso vittima con minacce e insulti, pensa che ci
siano le condizioni per approvarlo?
«Penso che la legge vada
approvata. Il Parlamento ci ha lavorato a lungo, e nel Paese c’è tanta
gente che ne capisce la necessità. Del resto, non farebbe che
riconoscere ciò che già esiste: tanti ragazzi, nati in Italia da
genitori regolari e residenti da tempo, sono italiani di fatto. Sarebbe
grave se gli insulti e le minacce finissero per avere la meglio e
condizionare il legislatore».