mercoledì 6 settembre 2017

La Stampa 6.9.17
Camusso: “Il governo non riesce a creare un futuro per i giovani”
La leader Cgil: la ripresa c’è, ma non genera occupazione. Dall’esecutivo risposte insufficienti
intervista di Roberto Giovannini

Siamo un Paese malconcio, non siamo stati capaci di investire sulle sue ricchezze, sulle sue competenze, e non abbiamo costruito possibilità di futuro per i giovani». Secondo Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, «non è accettabile che vadano all’estero centomila ragazzi l’anno». Come non è accettabile «il deterioramento del clima democratico, con un continuo “sdoganamento” di valori e linguaggi xenofobi e fascisti e la creazione di finte emergenze come quella dei migranti. È ora di costruire posti di lavoro, non di delegare solo alle imprese. I risultati di tre anni di politiche liberiste basate sulla sola decontribuzione sono davanti a tutti».
Susanna Camusso, la ripresa è arrivata. Cosa si può fare per trasformarla in crescita dell’occupazione?
«Un po’ di ripresa è arrivata, anche se molto c’è da fare per recuperare il terreno perduto. Gli investimenti privati sono un po’ ripartiti, ma con scarsi risultati occupazionali, anche perché per il blocco dei pensionamenti non c’è stato ricambio. Mancano gli investimenti pubblici. Manca il personale nella sanità. Casa Italia è stata una meteora che non ha prodotto nulla per rimettere in sesto il territorio».
E il Jobs Act, che secondo il governo ha permesso di far ripartire l’economia?
«Io spero che nessuno sia così matto da pensare che quel poco di crescita che c’è sia figlio del Jobs Act. Però abbiamo agganciato una possibilità di ripresa. Servono interventi nella legge di Stabilità per consolidarla e accelerarla, per chiudere il gap che invece aumenta con l’Ue».
State facendo una serie di incontri con il governo. Come stanno andando?
«È importante che sia ripreso il dialogo, ma sul lavoro non ci sono ancora risposte soddisfacenti. E poi non si riesce ad avere un quadro d’insieme sulle intenzioni del governo».
Forse perché non hanno risorse?
«I soldi sono pochi anche perché non si vogliono cercarli. Ma continuare a moltiplicare piccoli provvedimenti inefficaci è una scelta, non un obbligo. Per noi la priorità è creare lavoro, abbattere la disoccupazione giovanile. Concentriamo le risorse che ci sono su questo».
Si parla di un nuovo sgravio contributivo per i giovani.
«Non è la decontribuzione l’unica via per ridurre il cuneo fiscale. Si intervenga sulle detrazioni da lavoro dipendente: ridurre il prelievo fiscale sulle buste paga dei lavoratori strutturalmente e per tutti sarebbe giusto. E sistemerebbe anche la beffa degli 80 euro, che si sono trasformati in una tassa contro i contratti».
E per l’occupazione giovanile? Cosa proponete?
«C’è uno strumento che si chiama apprendistato: favorisce insieme il lavoro stabile e la formazione dei giovani fino a 39 anni, e ha uno sconto contributivo e fiscale convenientissimo. Usiamolo»
Ma non ha funzionato come si sperava...
«Certo: perché gli hanno fatto concorrenza misure come gli stages e i tirocini da 300 euro al mese, che possono durare anche un anno. Sulla carta si dice che il lavoro stabile deve costare meno del lavoro precario. Bene, solo che poi l’apprendistato viene spiazzato dai tirocini e altre forme precarie, e il contratto a termine, “grazie” al decreto Poletti, alla fine conviene più del lavoro a tempo indeterminato. Facciamo pulizia. Ed eliminiamo l’aumento automatico dell’età pensionabile, così qualcuno riesce finalmente ad andare in pensione».
È un tema importante questo?
«Oggi abbiamo l’età pensionabile effettiva più alta d’Europa. Lavoriamo più ore di Germania e Francia. L’aspettativa di vita alla nascita si è ridotta sia nel 2015 che nel 2016. È necessario allontanare la pensione di altri cinque mesi? Anche alle donne, bloccate per sei anni? È una follia. Il governo deve congelare questa misura. E poi gli investimenti. Bisogna colmare il grande vuoto degli investimenti pubblici. E farla finita con questa sequenza disordinata di bonus, cose che durano un po’ di mesi e poi spariscono ma di cui si esaltano i risultati inesistenti».
Ma ci sarebbero le risorse per queste misure più efficaci?
«In tre anni sono stati dati 40 miliardi alle imprese, 18 miliardi per il Jobs Act, hanno tolto l’Imu sulla prima casa, anche ai ricchi. Sono state sperperate risorse che non hanno dato risultati sul lavoro e hanno aumentato le diseguaglianze. Le dichiarazioni dei redditi dell’anno scorso dicono che un milione di lavoratori hanno perso il bonus degli 80 euro. Che era l’unica concessione per il mondo del lavoro».